Tra accuse reciproche, smentite e nuovi bombardamenti, la tensione tra Mosca e Kiev torna a salire sul piano politico e militare, mentre il negoziato resta fragile. Al centro dello scontro diplomatico c’è il presunto attacco con droni a una residenza del presidente russo Vladimir Putin, un episodio che il Cremlino utilizza per irrigidire la propria linea, ma che l’Ucraina e diversi osservatori internazionali definiscono privo di fondamento.
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha affermato che, dopo il denunciato attacco alla residenza di Putin, la Russia intende irrigidire le proprie posizioni nei negoziati sull’Ucraina. Secondo Mosca, i militari “sanno come e quando rispondere”, mentre Kiev viene accusata di voler sabotare il processo diplomatico. Peskov ha ribadito che le presunte provocazioni ucraine non comprometteranno il dialogo “fiducioso” tra Putin e il presidente statunitense Donald Trump, ma ha insistito sulla necessità di una linea più dura.
A smentire la versione russa è intervenuto l’Institute for the Study of War, secondo cui non esistono elementi verificabili che confermino un attacco ucraino alla villa di Putin a Valdai. Il think tank sottolinea che i raid ucraini in territorio russo, quando avvengono, lasciano normalmente tracce osservabili in fonti aperte, come filmati geolocalizzati, segnalazioni di esplosioni o incendi e dichiarazioni delle autorità locali. Nulla di tutto questo è emerso nel caso citato dal ministro degli Esteri russo Lavrov. Anche i numeri forniti da Mosca sugli abbattimenti di droni risultano incoerenti, elemento che secondo l’Isw indebolisce ulteriormente la credibilità dell’accusa. L’analisi conclude che il Cremlino potrebbe utilizzare il presunto attacco come pretesto per respingere eventuali proposte di pace emerse dai recenti colloqui tra Stati Uniti, Ucraina ed Europa.
Da parte ucraina, la smentita è netta. Il ministro degli Esteri Andriy Sybiga ha dichiarato che Mosca non ha fornito “prove plausibili” del presunto attacco e non lo farà perché “non è mai avvenuto”. Il presidente Volodymyr Zelensky ha parlato di “tipica bugia russa” finalizzata a minare gli sforzi diplomatici e a giustificare una nuova escalation. Zelensky ha ribadito di non avere alcuna intenzione di parlare con Putin, definito “il nemico”, e ha sottolineato la necessità di garanzie solide per evitare future aggressioni russe una volta terminata la guerra.
In questo quadro, durante un’intervista a Fox News, Zelensky ha chiesto a Trump di continuare a fare pressione su Putin, sostenendo che le sanzioni e le leve economiche rendono il leader russo più vulnerabile. Il presidente ucraino ha ammesso di essere stanco dopo anni di guerra e ha lasciato intendere che, una volta terminato il conflitto, potrebbe lasciare la politica per prendersi una pausa. Ha però ribadito che l’Ucraina non può vincere senza il sostegno americano e che non si fida di Putin, nemmeno in prospettiva di un dopoguerra.
Sul fronte internazionale, i leader europei tornano a riunirsi oggi a Varsavia per fare il punto sulla situazione ucraina e coordinare le prossime mosse. In Italia, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha sottolineato che il decreto sugli aiuti a Kiev è stato condiviso rapidamente all’interno del governo, evidenziando l’importanza del sostegno non militare e della difesa aerea. “Ogni aiuto serve a una nazione aggredita che vuole resistere”, ha affermato, ribadendo che l’obiettivo resta la fine della guerra.
La guerra continua
Sul terreno, intanto, il conflitto prosegue senza segnali di tregua. Nella notte le forze russe hanno colpito nuovamente la regione di Zaporizhzhia, utilizzando bombe guidate che hanno danneggiato edifici civili e infrastrutture elettriche. Secondo le autorità ucraine, i bombardamenti hanno provocato blackout in diverse aree, inclusa la capitale Kiev e tre regioni del nord est. Esplosioni sono state segnalate anche a Odessa, dove è scattato l’allarme antiaereo. Dal canto suo, il ministero della Difesa russo ha annunciato la conquista del villaggio di Lukyanivske nella regione di Zaporizhzhia.



