Ieri, nel giorno della Festa della Santa Famiglia, Leone XIV ha pronunciato come di consuetudine in piazza San Pietro un Angelus centrato sulla pace, sulla responsabilità delle famiglie e sulle ferite aperte dalla guerra. Un intervento che ha intrecciato il tempo liturgico del Natale con una lettura della realtà contemporanea, richiamando più volte il valore della famiglia come luogo di protezione, relazione e speranza in un mondo segnato da conflitti e divisioni. “Nella luce del Natale del Signore continuiamo a pregare per la pace”, ha detto il Pontefice, invitando in particolare a non dimenticare “le famiglie che soffrono a causa della guerra, i bambini, gli anziani e le persone più fragili”.
Il Papa ha affidato questa preghiera all’intercessione della Santa Famiglia di Nazareth, indicata come riferimento concreto e non astratto, capace di parlare anche al presente.
Il discorso ha preso le mosse dal Vangelo della fuga in Egitto, proposto dalla liturgia. Un passaggio che il Santo Padre ha definito un momento di prova per Gesù, Maria e Giuseppe, segnato dall’irruzione della violenza nella storia della salvezza. Sullo sfondo luminoso del Natale, ha osservato, si proietta “l’ombra inquietante di una minaccia mortale”, incarnata dalla figura di Erode. Un potere che Prevost ha descritto come ossessionato dalla paura di perdere privilegi, ricchezze e controllo, incapace di riconoscere il bene che sta nascendo.
Benessere vuoto
Da qui il riferimento diretto all’attualità: “Il mondo, purtroppo, ha sempre i suoi ‘Erode’”, ha aggiunto il Vescovo di Roma, parlando di modelli fondati sul successo a ogni costo, sul potere senza scrupoli e su un benessere definito vuoto e superficiale. Sistemi che, secondo Leone, producono solitudine, disperazione, divisioni e conflitti, lasciando dietro di sé famiglie spezzate e comunità impoverite. In contrasto con questa logica il Papa ha indicato la Santa Famiglia come “nido e culla dell’unica possibile risposta di salvezza”: quella di un Dio che si dona senza condizioni. Il gesto di Giuseppe, che obbedisce alla voce del Signore e porta in salvo Maria e il Bambino, è stato richiamato come esempio di responsabilità concreta, capace di trasformare una fuga in un atto che salva la vita. In Egitto, ha sottolineato Leone XIV, la presenza affidata alla famiglia cresce e si rafforza, diventando luce destinata al mondo intero.
Il Papa ha poi allargato lo sguardo alle famiglie di oggi, invitando a riconoscere il ruolo che possono avere nella società. “Pensiamo alle nostre famiglie e alla luce che pure da esse può venire”, ha aggiunto, per poi mettere in guardia dal rischio che i “miraggi” del potere e del successo soffochino l’amore domestico. Non un richiamo ideale, ma una serie di indicazioni pratiche: la preghiera, la vita sacramentale, il dialogo sincero, la fedeltà, la cura degli affetti e la concretezza dei gesti quotidiani. Secondo Leone XIV, è in questa normalità vissuta con coerenza che le famiglie possono diventare luoghi di speranza e strumenti di bene.
La benedizione
Prima della recita dell’Angelus il Papa ha affidato una preghiera al “Padre dei Cieli”, chiedendo, per intercessione di Maria e di San Giuseppe, una benedizione su tutte le famiglie del mondo. L’auspicio espresso è che, crescendo sul modello della famiglia di Gesù, possano essere segno della presenza e della carità di Dio, anche nei contesti più segnati dalla violenza e dalla precarietà.
Al termine dell’Angelus, Leone XIV ha rivolto i saluti ai fedeli presenti in piazza, tra pellegrini e gruppi parrocchiali provenienti da diverse parti d’Italia. Ma il richiamo conclusivo è tornato ancora una volta alla pace. “Continuiamo a pregare”, ha detto, indicando nel Natale non solo una memoria, ma una responsabilità. Un tempo che chiede di non distogliere lo sguardo da chi soffre, a partire dalle famiglie colpite dalla guerra, e di affidare il cammino comune alla Santa Famiglia di Nazareth.


