La Cina avrebbe caricato più di cento missili balistici intercontinentali nei nuovi silos costruiti nel nord del Paese, un passo che il Pentagono interpreta come la conferma di una trasformazione strategica ormai in atto. La rivelazione arriva da un rapporto preliminare destinato al Congresso, secondo cui i tre grandi complessi di lancio individuati vicino al confine con la Mongolia non sarebbero più semplici infrastrutture in fase di allestimento, ma siti operativi dotati di vettori a combustibile solido della famiglia DF‑31. Una svolta che, secondo fonti statunitensi, segna il superamento della tradizionale postura cinese basata su un arsenale “minimo ma sufficiente”. Pechino respinge le accuse, denunciando l’ennesimo tentativo di “diffamare la Cina” e ribadendo la dottrina del no-first-use. Ma la rapidità dell’espansione, unita alla riluttanza a partecipare a colloqui sul controllo degli armamenti, alimenta il sospetto che la leadership cinese stia puntando a una capacità di deterrenza più ampia e flessibile, capace di competere con quella statunitense e russa. Il rapporto colloca inoltre questa accelerazione in un contesto di crescente tensione nello Stretto di Taiwan, dove Washington teme che Pechino stia preparando scenari coercitivi entro la fine del decennio. Per gli analisti, il caricamento dei missili nei silos non è solo un aggiornamento tecnico, ma un messaggio politico: la Cina vuole essere riconosciuta come potenza nucleare di pari livello, in grado di influenzare gli equilibri globali. Una prospettiva che, secondo il Pentagono, apre la strada a una competizione strategica a tre, più complessa e meno prevedibile di qualsiasi fase precedente dell’era atomica.
Il Pentagono: “La Cina ha probabilmente caricato oltre 100 missili intercontinentali nei nuovi silos”
