Michaela “Michi” Benthaus, ingegnera tedesca dell’Agenzia Spaziale Europea, è entrata nella storia come la prima persona in sedia a rotelle a fluttuare nello spazio. Il suo volo suborbitale con la capsula New Shepard di Blue Origin ha segnato una svolta simbolica e tecnologica per l’accessibilità nelle missioni spaziali, aprendo un capitolo che fino a pochi anni fa sembrava fantascienza. Benthaus, paraplegica dal 2018 in seguito a un incidente in mountain bike, ha lasciato la sua sedia a rotelle sulla rampa di lancio del Texas occidentale per vivere undici minuti di microgravità, osservando la Terra dall’alto e dimostrando che la disabilità non è un limite all’esplorazione umana. La sua partecipazione alla missione NS-37 è stata possibile grazie a un lungo percorso di addestramento, che includeva già un volo Zero-G nel 2022 e simulazioni avanzate per adattare i protocolli di sicurezza alle sue esigenze. Il lancio, seguito in diretta da migliaia di persone, è stato accolto come un momento di svolta per l’intero settore. Blue Origin ha lavorato con specialisti medici e ingegneri ESA per garantire che ogni fase — dall’imbarco alla gestione delle forze G — fosse compatibile con la condizione di Benthaus, senza compromessi sulla sicurezza. Un risultato che, secondo gli esperti, potrebbe accelerare l’inclusione di astronauti con disabilità nelle future missioni commerciali e scientifiche. Durante i minuti di assenza di gravità, Benthaus ha potuto fluttuare liberamente all’interno della capsula, un gesto semplice ma potentissimo: la dimostrazione concreta che lo spazio può diventare un luogo accessibile, non riservato a corpi “perfetti” o standardizzati. “Potrei essere la prima, ma non voglio essere l’ultima”, aveva dichiarato prima del lancio, sintetizzando lo spirito della missione.



