Il conflitto in Ucraina resta sospeso tra una fragile dinamica negoziale e una crescente escalation militare, mentre le valutazioni dell’intelligence occidentale delineano uno scenario di lungo periodo che va ben oltre il fronte ucraino. Ieri nuovi attacchi russi hanno colpito le infrastrutture portuali di Odessa, causando otto morti e 27 feriti, mentre a Miami si è aperto un nuovo round di colloqui tra Stati Uniti e Russia, dopo gli incontri preliminari con Kiev e i partner europei. Secondo quanto riportato da Reuters, i più recenti report dell’intelligence statunitense indicano che Vladimir Putin non avrebbe rinunciato all’obiettivo di conquistare l’intera Ucraina e punterebbe, nel medio periodo, anche ai Paesi dell’ex spazio sovietico, inclusi membri della Nato. Le valutazioni, basate su informazioni aggiornate a fine settembre, contrastano apertamente la narrazione di una Russia disponibile a una pace rapida e sono in linea con le analisi delle principali agenzie europee. «L’intelligence ha sempre mostrato che Putin vuole di più», ha dichiarato il deputato democratico Mike Quigley, sottolineando come Polonia e Paesi Baltici si considerino potenziali prossimi obiettivi. A rafforzare questi timori sono arrivate le dichiarazioni del capo dell’intelligence militare ucraina, Kirill Budanov, secondo cui Mosca avrebbe anticipato al 2027 i piani per un possibile attacco ai Paesi Baltici. Un’accelerazione che, se confermata, avrebbe implicazioni dirette per la sicurezza europea e per il dibattito interno alla Nato. Sul piano diplomatico, ieri a Miami l’inviato statunitense Steve Witkoff e Jared Kushner hanno incontrato prima i rappresentanti ucraini ed europei e poi la delegazione russa guidata dall’inviato speciale Kirill Dmitriev. In questa fase non sono previsti negoziati diretti tra Mosca e Kiev. Il segretario di Stato Marco Rubio ha ribadito che Washington non intende imporre alcun accordo: «Nessuno può essere costretto a fare la pace». Sul fronte politico europeo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato ieri al Quirinale la necessità di rafforzare le spese per la difesa, affermando che «solo l’Europa può garantire un futuro di pace» e definendo la sicurezza comune un patrimonio da difendere. Intanto Putin ha minacciato ritorsioni contro l’uso degli asset russi congelati in Europa, definendolo «una rapina» e avvertendo che un simile passo minerebbe la fiducia internazionale nell’euro.
Zelensky respinge il ricatto elettorale
In questo quadro, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha confermato che gli Stati Uniti hanno proposto un formato a più voci per i colloqui, che includerebbe Ucraina, Russia, Stati Uniti ed eventualmente l’Europa. Zelensky ha inoltre respinto con fermezza l’idea avanzata da Putin di sospendere i raid solo in cambio di elezioni in Ucraina, chiarendo che «non spetta a Mosca decidere tempi e modalità del voto», soprattutto in presenza di territori occupati e senza garanzie di sicurezza.
Notte di attacchi incrociati
Sul terreno, la pressione militare resta elevata. Nella notte la Russia ha lanciato 51 droni e tre missili balistici Iskander contro l’Ucraina, con 31 droni intercettati dalla difesa aerea. Missili e droni hanno colpito 15 obiettivi. Mosca ha rivendicato l’abbattimento di 27 droni ucraini su diverse regioni russe. Kiev, dal canto suo, ha intensificato gli attacchi in profondità: droni ucraini hanno colpito un aeroporto militare in Crimea, danneggiando due caccia Su-27, e una piattaforma petrolifera e una nave pattuglia russa nel Mar Caspio, nell’ambito di una strategia mirata a ridurre le entrate energetiche di Mosca. Particolarmente significativo, secondo l’intelligence britannica, l’attacco ucraino con droni subacquei contro un sottomarino russo classe Kilo a Novorossiysk, che avrebbe causato danni tali da renderlo inutilizzabile. Un segnale, secondo Londra, della rapida evoluzione delle capacità navali ucraine e della crescente vulnerabilità della flotta russa nel Mar Nero. Nelle stesse ore, la campagna russa sulla regione di Odessa è apparsa sempre più concentrata sui nodi logistici che tengono in piedi l’export e i rifornimenti ucraini. Dopo l’attacco con otto morti, un nuovo raid ha colpito anche il porto di Pivdennyi, danneggiando serbatoi e infrastrutture, mentre altre azioni hanno interessato un ponte sul Dniester, collegamento cruciale verso la Moldavia e l’area di frontiera. Per Kiev la sequenza conferma un obiettivo preciso, comprimere l’accesso dell’Ucraina al Mar Nero e rendere più fragile la rete di trasporti e carburanti del sud, con effetti immediati anche sulla vita civile, tra blackout e interruzioni dei servizi.



