È morto a 91 anni, a Newport Beach, in California, Peter Arnett, la voce che, nel 1991, portò nelle case di milioni di persone il fragore dei bombardamenti su Baghdad, inaugurando una nuova era del giornalismo televisivo. Il decesso è avvenuto per un tumore alla prostata, come confermato dalla famiglia. Nato in Nuova Zelanda nel 1934, Arnett non era soltanto un corrispondente di guerra. Costruì la sua reputazione molto prima della Guerra del Golfo. Per l’Associated Press seguì la guerra del Vietnam dal 1962 al 1975, raccontandola dal fronte con una tenacia che gli valse il Premio Pulitzer nel 1966. Rimase a Saigon fino alla caduta della città, diventando una delle firme più riconoscibili del conflitto. Nel 1981 approdò alla neonata CNN, e fu lì che la sua figura divenne iconica. Durante la prima guerra in Iraq, mentre la maggior parte dei giornalisti occidentali lasciava Baghdad, Arnett decise di restare. La notte dell’inizio dei bombardamenti, trasmise in diretta dal suo hotel usando un telefono satellitare, offrendo al mondo un racconto immediato e senza precedenti. Quelle immagini e quelle parole contribuirono a definire il ruolo del reporter di guerra nell’era delle news 24 ore su 24. Arnett seguì conflitti e crisi internazionali per oltre quattro decenni, spesso in prima linea, spesso contestato, sempre riconosciuto come uno dei narratori più influenti del Novecento. La sua carriera, segnata da coraggio e controversie, ha ridefinito il modo in cui il pubblico percepisce la guerra: non più un’eco distante, ma un’esperienza condivisa in tempo reale. Con la sua scomparsa, il giornalismo perde una delle sue voci più potenti e divisive, un testimone diretto dei conflitti che hanno segnato la seconda metà del secolo scorso.ù



