A Tokyo si sta consumando un addio che ha il sapore di un evento nazionale. Migliaia di persone si stanno riversando ogni giorno allo zoo di Ueno per vedere per l’ultima volta Xiang Xiang e Xiao Xiao, gli ultimi due panda rimasti in Giappone, prima del loro imminente ritorno in Cina. Le code iniziano all’alba, con famiglie, studenti e anziani che attendono pazientemente il proprio turno per qualche minuto davanti al recinto, in un clima che mescola nostalgia, orgoglio e un senso di gratitudine collettiva. Il richiamo emotivo è enorme: i panda sono da decenni un simbolo di affetto popolare e di diplomazia culturale tra Tokyo e Pechino. La loro partenza, prevista nell’ambito degli accordi di prestito che regolano la presenza dei panda all’estero, segna la fine di un’epoca per lo zoo di Ueno, che negli anni ha costruito attorno a questi animali una vera identità pubblica. Xiang Xiang, in particolare, è diventata una star nazionale sin dalla nascita, attirando milioni di visitatori e generando un indotto economico significativo tra merchandising, eventi e turismo interno. Le autorità dello zoo hanno dovuto introdurre un sistema di prenotazioni per gestire l’afflusso straordinario, mentre i social giapponesi si riempiono di foto, ricordi e messaggi di addio. Molti visitatori parlano di un “dovere affettivo”: salutare i panda prima che lascino il Paese è percepito come un gesto di partecipazione a una storia condivisa. Altri esprimono preoccupazione per il futuro, temendo che il Giappone possa restare a lungo senza panda, dato il clima diplomatico più teso degli ultimi anni. Pechino, dal canto suo, considera il rientro degli animali un passaggio naturale all’interno dei programmi di conservazione, sottolineando che i panda nati o cresciuti all’estero devono tornare in Cina per contribuire ai progetti di riproduzione. Ma per Tokyo resta un momento delicato, che tocca corde profonde della sensibilità pubblica.



