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Gaza, emergenza freddo. Washington chiede all’Europa di mandare truppe e a Israele di rimuovere le macerie

Quattordici morti per la tempesta Byron. Tensioni sulla tregua, mentre Trump rivendica progressi e l’Europa valuta il ruolo nella forza di stabilizzazione
sabato, 13 Dicembre 2025
2 minuti di lettura

La crisi umanitaria nella Striscia di Gaza è entrata in una fase ancora più drammatica. Ieri altre quattordici persone sono morte per il freddo, tra cui un neonato e una bambina di nove anni, secondo Al Jazeera e Wafa. Le vittime si aggiungono agli sfollati deceduti nel crollo di edifici a Bir an-Naaja e ovest di Gaza City, mentre la tempesta Byron continua a investire il territorio. In questo quadro, Israele si trova sotto crescente pressione internazionale. Gli Stati Uniti hanno chiesto a Tel Aviv di assumersi la responsabilità e i costi della rimozione delle macerie nella Striscia, un’operazione stimata in circa 265 milioni di euro. Secondo Ynet, Israele avrebbe accettato, mentre il Wall Street Journal cita dati Onu che parlano di 68 milioni di tonnellate di detriti. Il Qatar, per voce del premier Mohammed Al Thani, ha ribadito di non essere disponibile a finanziare la ricostruzione “di ciò che altri hanno distrutto”. Intanto Donald Trump ha rivendicato “progressi diplomatici” e ha dichiarato che “59 Paesi sostengono il lavoro americano per Gaza”, ribadendo i buoni rapporti con Netanyahu e sostenendo che la distruzione delle capacità nucleari iraniane abbia “reso possibile la pace”.

Strategia Usa

Washington esercita pressione anche sulla gestione postbellica: l’ambasciatore Usa in Turchia, Tom Barrack, incontrerà la prossima settimana Benjamin Netanyahu per discutere della possibile presenza di truppe turche a Gaza, ipotesi finora respinta dal governo israeliano. Fonti israeliane spiegano che gli Stati Uniti appaiono più concentrati sulla ricostruzione che sul disarmo di Hamas, mentre Netanyahu ritiene che quest’ultimo compito ricadrà comunque sulle forze israeliane. Secondo Axios, inoltre, gli Stati Uniti hanno inviato un messaggio diretto alle cancellerie europee: se i Paesi Ue non contribuiranno con truppe o sostegno militare alla forza di stabilizzazione, l’esercito israeliano non si ritirerà da Gaza. Italia e Germania, secondo Axios, figurano tra i membri del nuovo Consiglio di pace presieduto da Trump. Sul fronte politico palestinese, il vice ministro degli Esteri Omar Awadallah ha reso noto che mediatori hanno discusso la creazione di un governo tecnico ad interim per Gaza, collegato direttamente all’Autorità Nazionale Palestinese. L’opzione principale prevede un pieno ritorno dell’Anp sia nella Striscia sia nelle aree della Cisgiordania sotto occupazione israeliana, in linea con proposte della Lega Araba e dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica. Nel clima europeo, la pressione dell’opinione pubblica continua a crescere: dopo Spagna, Paesi Bassi, Irlanda e Slovenia, anche l’Islanda ha annunciato il ritiro dall’Eurovision 2026 in protesta contro la partecipazione di Israele, sostenendo che “non prevarrebbero né gioia né pace”.

Linea Gialla: fase due in stallo

Sul terreno, la tregua segna nuovi punti di frizione. Hamas accusa Israele di violare gli impegni della fase uno del cessate il fuoco: il movimento denuncia la mancata riapertura del valico di Rafah e il flusso insufficiente di aiuti. Hussam Badran afferma che la fase due del piano Trump “non può iniziare” finché Tel Aviv continua “a sottrarsi agli obblighi”.Allo stesso tempo, Hamas ha dichiarato tramite Khaled Meshaal di essere disposto a “congelare” le armi in cambio di una tregua a lungo termine e accetta il dispiegamento di una forza internazionale sul confine tra Gaza e Israele, non però all’interno del territorio palestinese. L’esercito israeliano ha inoltre annunciato che la Linea Gialla, il limite del ritiro delle truppe che divide in due la Striscia, rappresenta “una nuova linea di confine” e una barriera difensiva avanzata. Per Hamas si tratta dell’ennesima prova che Israele non rispetta l’accordo.

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