Il mercato del lavoro nel terzo trimestre del 2025 ha registrato una frenata, tutto sommato inattesa. A comunicarlo ieri è stato l’Istat tramite la nota ‘Il mercato del lavoro’: in sintesi gli occupati sono diminuiti di 45mila unità rispetto al trimestre precedente, interrompendo un ciclo espansivo durato diciassette trimestri consecutivi. Entrando nello specifico dei numeri, il totale si è attestato così a 24 milioni e 102mila addetti, con una riduzione concentrata nei dipendenti a termine (-51mila, -2%) mentre i permanenti sono risultati stabili e gli indipendenti sono aumentati di 14mila (+0,3%). Il tasso di occupazione è sceso al 62,5% (-0,1 punti), con andamenti differenziati tra fasce d’età e territori: ecco un calo tra giovani e aree centro-settentrionali, stabilità per le donne e incremento per la fascia 50-64 anni e per il Mezzogiorno.
Parallelamente il numero delle persone in cerca di impiego si è ridotto di 64mila unità (-3,9% su base trimestrale). Il tasso di disoccupazione è sceso così al 6,1%, due decimi in meno del trimestre precedente, mentre il totale dei disoccupati si è attestat a 1 milione e 565mila individui. Sono aumentati invece gli inattivi tra i 15 e i 64 anni, che sono cresciuti di 85mila persone (+0,7%), portando il tasso di inattività al 33,3% (+0,3 punti).
Stabilità tendenziale
Confrontando i dati con il terzo trimestre 2024, l’occupazione è risultata complessivamente stabile. A bilanciare il calo degli occupati a termine (-8,6%) hanno contribuito l’aumento dei permanenti (+0,7%) e degli indipendenti (+2,2%). I tassi di occupazione, disoccupazione e inattività sono rimasti invariati rispetto a un anno fa, rispettivamente al 62,5%, 5,6% e 33,6%. Il terzo trimestre ha segnato dunque una transizione dopo un lungo periodo di crescita costante, con segnali misti che hanno indicatouna dinamica occupazionale più complessa rispetto agli anni recenti.
All’interno della popolazione inattiva si è registrato un andamento rilevante: gli scoraggiati, cioè coloro che non cercano lavoro perché convinti di non trovarlo, sono diminuiti a 724mila persone, pari a un calo del 27,2% su base annua. In flessione anche quanti non hanno cercato per pensionamento o disinteresse (-13,8%). Sono aumentati invece gli inattivi per motivi di studio (+7,7%) e coloro che hanno atteso l’esito di precedenti domande di lavoro (+30%).
Imprese: domanda di lavoro stabile
Dal lato delle imprese il trimestre ha mostrato un consolidamento delle posizioni lavorative. Le posizioni dipendenti sono aumentatedello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dell’1,6% su base annua. L’avanzamento ha riguardato sia il tempo pieno (+0,4%) sia, in misura più contenuta, il part time (+0,2%). Le ore lavorate per dipendente sono cresciute dell’1% su base trimestrale e dell’1,3% in confronto al terzo trimestre 2024, mentre il ricorso alla cassa integrazione si è ridotto a 7,2 ore ogni mille ore lavorate, in calo di 1,5 ore sull’anno. Il tasso di posti vacanti è salito all’1,8% (+0,1 punti congiunturali), pur restando inferiore ai livelli di un anno fa (-0,2 punti). Il costo del lavoro per unità di lavoro equivalente è aumentato dello 0,8% rispetto al trimestre precedente e del 3,3% su base annua. L’incremento è stato determinato dalla crescita delle retribuzioni (+2,8%) e, in misura maggiore, dei contributi sociali (+4,8%).
Il commento di Confesercenti
Confesercenti ha accolto positivamente la tendenza del mercato del lavoro, sostenuta da una domanda ancora in aumento e da un incremento delle ore lavorate. Ma l’associazione ha segnalato che la crescente richiesta di personale incontra una disponibilità sempre più limitata di manodopera non occupata, con significative differenze territoriali. Secondo la nota, nei settori del terziario e del turismo la difficoltà di reperimento è ormai strutturale e rischia di limitare la competitività delle imprese. Oltre al calo demografico, incide anche l’inadeguatezza dei percorsi formativi rispetto alle nuove esigenze del mercato, in una fase di transizione digitale ed ecologica. Un insieme di criticità che, secondo Confesercenti, può indebolire sia le imprese sia i lavoratori, con effetti economici rilevanti negli anni a venire.



