Un dato storico e culturale, pre-unitario, trasfuso nella Costituzione, accompagna le sorti e l’assetto organizzativo-territoriale del nostro Paese: l’autonomia dei Comuni.
Un valore forte e radicato (art. 5 Cost.) riconosciuto come essenziale per il perseguimento di fini generali analogamente allo Stato centrale, ma con il limite del territorio: l’autonomia finisce laddove finisce il territorio. Non a caso, è riconosciuto ai Comuni un diritto pieno di accesso agli atti anche dello Stato centrale (es. in materia di infrastrutture, programmazione economica e finanza pubblica, Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 3101 del 15 maggio 2020).
Un fattore chiave che è stato punto di forza e di debolezza allo stesso tempo, in ragione della capacità, politica e legislativa, di interpretare e vivere tale autonomia in funzione del segno dei tempi.
Basti pensare che il riconoscimento di tale autonomia ha significativamente inciso, nel passato e per lungo tempo, nel settore dell’organizzazione dei servizi di rete a carattere industriale (aeroporti, gas, energia, idroelettrico, idrico ed altri servizi) favorendo in qualche modo la frammentazione da cui poi il nanismo delle nostre imprese pubbliche attive in settori sensibili ed esposte allo shopping internazionale.
Molte sono le riforme che stanno interessando lo Stato nel suo assetto e sul piano macroeconomico. Ma non basta perché la nostra è anche un’economia circolare che ha necessità che il cerchio si chiuda con i territori locali per dare, presto e bene, fluidità alla ripresa economica, produttiva ed occupazionale post Covid-19.
Non è solo un problema di riforma della PA o della burocrazia per rimettere in piedi il Paese: a Costituzione invariata, è necessario riattivare, in modo capillare, anche i terminali del sistema per rivitalizzare l’intero territorio nazionale. Se l’Italia si governa da Roma, è anche vero che nei diversi territori si vivono quei fermenti, non ultimi culturali e sociali, che poi vengono trasfusi nelle istituzioni centrali.
La complessità del momento post Covid-19, con una economia e produzione in stallo, richiede una strategia a tenaglia: non solo macro ma anche micro economia per riprendere il cammino nei prossimi mesi che si preannunciano preoccupanti.
Una riflessione, politica ed istituzionale, andrebbe quindi fatta sulla necessità di modernizzare il D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (“Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” – TUEL), tenuto conto dei vincoli di equilibrio di bilancio e di finanza pubblica. Le ventennali politiche di tagli hanno, infatti, finito con il penalizzare il dinamismo territoriale, in qualche modo sacrificato dalla superiore necessità di convogliare al centro le forze necessarie per vincere le sfide del globalismo e dell’appartenenza all’UE.
In un mondo fermo e cambiato, potrebbe invece ritornare utile una diversa strategia politica e legislativa che miri a considerare prioritaria, in chiave circolare, anche la microeconomia, quella dei 7904 comuni che compongono il nostro Paese e che, in questa prospettiva, possono ora costituire un punto di forza.
Prossimità e sussidiarietà: due parole chiave che hanno fatto la differenza nei dopoguerra, in piena emergenza sanitaria e che, ragionevolmente, faranno la differenza anche nelle avversità che dovremo affrontare, tutti insieme, per uscire da questa nuova fase recessiva.
Un cambio di passo, non solo di strategia, che richiede un preliminare approntamento di nuovi mezzi operativi, organizzativi e decisionali in una fase storica in cui comunque l’innovazione tecnologica e la rete semplificano e velocizzano i servizi. Il progetto Wi-Fi Italia (www.wifi.italia.it) ne è già un esempio: curato dal Mise ha la mission di consentire a tutti i cittadini di connettersi, gratuitamente e in modo semplice con una App, a una rete wifi pubblica in tutta Italia. Un progetto che vede oltre 3000 i comuni con hot spot installati; da marzo attivo anche negli Ospedali, per installare 5000 hot spot gratuiti. Da non dimenticare però gli oltre 7904 uffici parrocchiali utili a nuovi hot spot per estendere ed implementare la rete dati.
E’ il momento anche di dare spazio ad una rilettura moderna ed organica del TUEL per riconnettere i comuni e la micro-economia in una visione di sistema, rivedendo molti aspetti che necessitano, dopo 20 anni di onorato servizio, quanto meno di una manutenzione.
La prima, il regno delle partecipazioni pubbliche dei comuni nei diversi settori: gli interventi e le proposte dell’ultimo decennio sono state per lo più di carattere afflittivo volte a far contrarre il pubblico dall’economia reale. Il rispetto di quell’autonomia costituzionale esige invece un rafforzamento e razionalizzazione delle partecipazioni, anche secondo il modello holding di partecipazioni, senza penalità, semmai incentivando aperture e collaborazioni con il privato per salvaguardare il profilo sociale e industriale di molti dei servizi erogati.
Poi il buon uso del territorio per le energie rinnovabili, il rapporto tra indirizzo politico e responsabilità amministrativa a fronte di una progressiva riduzione degli organici con invecchiamento anagrafico della burocrazia locale.
Sul piano dei diritti politici e di elettorato passivo, sarebbe ora di rendere partecipi della ricostruzione le giovani generazioni, consentendo ai minori che abbiano compiuto il 16° anno di età di partecipare al voto e di concorrere alle cariche (consiglio e giunta), con dovuti correttivi per limitarne la responsabilità. Spostare il senso sociale della movida notturna dalle piazze alle aule consiliari potrebbe essere la più grande operazione di inclusione sociale mai realizzata dal dopoguerra ad oggi, cosi avviando un necessario cammino di ricambio generazionale e nuova linfa.
Edilizia scolastica, presidi sanitari di primo soccorso, uffici postali, sedi di Tribunali, Giudici di Pace e Forze dell’ordine moderni per erogare nuovi servizi ai cittadini: per investire in una nuova Italia, occorre anche ripartire dai territori ed avere un Progetto Italia più ampio che coinvolga comuni e nuove generazioni.
Lo Stato centrale non può da solo vincere una sfida emergenziale cosi impattante sul funzionamento dell’economia, la ripresa della produzione e dell’occupazione: serve oggi investire anche nella micro economia dei comuni e sulla loro resilienza per sommare capacità di risposte concrete e reali agli oltre 60 milioni di italiani.