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Ue, via libera ai ‘Paesi sicuri’ e alla stretta sui rimpatri

Il Consiglio approva le nuove regole sull’asilo e il regolamento che accelera le procedure di rientro autorizzando la creazione di hub in Stati terzi
martedì, 9 Dicembre 2025
4 minuti di lettura

Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato ieri i regolamenti sui Paesi terzi sicuri, che in soldoni ampliano le circostanze in cui una domanda di asilo può essere dichiarata inammissibile. I Ministri dell’Interno hanno espresso consenso alla nuova impostazione, destinata a incidere sul funzionamento del sistema europeo della protezione internazionale. La decisione punta a introdurre criteri comuni tra gli Stati membri e a ridurre il numero di richieste che non rispettano i presupposti previsti dal diritto dell’Unione. Il provvedimento quindi rafforza il quadro normativo che accompagna il Patto su migrazione e asilo e segna un passaggio rilevante nell’armonizzazione delle procedure. Il Patto, che entrerà in applicazione il 12 giugno 2026, modificherà in modo esteso la gestione europea della migrazione.

La riforma introduce regole chiare sulla responsabilità nell’esame delle domande e mira a ridurre l’ingresso irregolare mediante controlli più strutturati alla frontiera esterna. Il sistema prevede inoltre una rete di sostegno tra gli Stati membri, costruita per alleggerire il peso di quelli esposti a flussi consistenti e per evitare squilibri tra i Paesi limitrofi alle principali rotte di accesso. L’Unione si dota così di un impianto che intende rendere più prevedibili i movimenti e più rapida la gestione delle procedure.

Pool di solidarietà

In parallelo gli Stati hanno raggiunto un accordo politico sul pool di solidarietà per il 2026, che rappresenta uno dei cardini del nuovo sistema. La dotazione di riferimento è fissata in 21.000 ricollocazioni oppure in un mix di altre misure equivalenti, comprese contribuzioni finanziarie per 420 milioni di euro. Ogni Stato potrà definire liberamente il proprio impegno, scegliendo tra ricollocazione di richiedenti asilo, contributi economici o interventi operativi. Le prime offerte sono emerse durante le riunioni del Forum di solidarietà svolte a novembre e delineano un quadro articolato, con disponibilità diverse in base alla capacità dei singoli Paesi.

Gli Stati sotto pressione

La Commissione europea ha indicato Cipro, Grecia, Italia e Spagna come Paesi sottoposti a pressione migratoria. Questi Stati potranno accedere in via prioritaria al pool di solidarietà. Una seconda fascia, composta da Austria, Bulgaria, Croazia, Cechia, Estonia e Polonia, risulta interessata da una pressione significativa negli ultimi anni e potrà quindi chiedere una riduzione totale o parziale del contributo previsto. Un ulteriore gruppo di Stati, identificato come esposto a possibili criticità, avrà accesso privilegiato alla Migration Support Toolbox, che offre assistenza delle agenzie europee e risorse destinate alla gestione delle frontiere e dell’accoglienza.

L’accordo politico costituisce un passo preliminare: il Consiglio dovrà adottare la decisione attuativa entro il 31 dicembre 2025, dopo la revisione giuridica e la traduzione degli atti. Il sistema rientra nel quadro complessivo del Patto, che comprende dieci atti legislativi e copre tutte le fasi della gestione migratoria, dallo screening alla frontiera alla determinazione dello Stato competente, fino alla cooperazione interna.

L’impianto si basa anche sul primo rapporto annuale su asilo e migrazione, presentato dalla Commissione l’11 novembre 2025, che offre un quadro dettagliato della situazione nei diversi Stati membri e permette di definire le soglie per la distribuzione degli oneri. L’Unione si prepara così all’avvio di una fase nuova, con regole condivise e strumenti che mirano a una gestione più stabile dei flussi.

I commenti

Sulle decisioni del Consiglio sono arrivate reazioni immediate dal Parlamento europeo. Carlo Fidanza, Capodelegazione di Fratelli d’Italia-Ecr, ha espresso “grande soddisfazione” per l’accordo. Per Fidanza il via libera conferma “una linea chiara e coerente” impressa dall’Italia sul fronte migratorio e rappresenta «il cambio di passo» auspicato negli ultimi anni. L’introduzione del concetto di Paese terzo sicuro, l’elenco comune dei Paesi di origine sicuri e il regolamento rimpatri, con la possibilità di creare hub nei Paesi terzi, sul modello dell’intesa tra Italia e Albania, sono per l’Eurodeputato strumenti che potranno alleggerire la pressione sugli Stati di frontiera e rendere più rapide le procedure: “Una visione che abbiamo portato avanti con determinazione sta diventando realtà”, ha detto, auspicando un percorso spedito tra Parlamento e Consiglio “nell’interesse dei cittadini e della sicurezza dei territori”.

Di segno opposto la valutazione di Stefano Galieni, Responsabile immigrazione di Prc-Sinistra Europea, che ha interpretato le nuove misure come una riduzione delle tutele previste dalle convenzioni internazionali. Secondo Galieni l’inserimento di Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia nella lista dei Paesi sicuri consentirà l’uso delle procedure accelerate e limiterà di fatto il diritto alla protezione, subordinandolo al Paese di provenienza. L’esponente di Prc ha criticato inoltre la possibilità per gli Stati membri di predisporre hub in Paesi terzi “in cui rinchiudere temporaneamente i richiedenti asilo”, definendo quello albanese un modello che altri governi potrebbero replicare: “Il 2025 si chiude con un ulteriore arretramento del diritto”, ha aggiunto Galieni, che ha invitato a non rassegnarsi a un processo che considera parte di un “colonialismo suprematista” destinato a colpire anche chi reagirà a tali misure.

Il nuovo regolamento Ue sui rimpatri

Da segnalare inoltre che sempre ieri nella stessa seduta il Consiglio ha definito anche la propria posizione sul regolamento europeo sui rimpatri dei cittadini di Paesi terzi in soggiorno irregolare. L’obiettivo è accelerare e uniformare le procedure in tutta l’Unione, introducendo obblighi più stringenti per i destinatari degli ordini di allontanamento e strumenti aggiuntivi di cooperazione tra gli Stati membri.

Il Ministro danese per l’Immigrazione e l’Integrazione, Rasmus Stoklund, ha sottolineato che “tre irregolari su quattro destinatari di una decisione di rimpatrio restano nell’Ue” e che le nuove norme potranno incidere su questo dato. Il regolamento prevede l’obbligo di collaborare con le autorità, di fornire documenti, dati biometrici e di restare a disposizione delle istituzioni competenti. In caso di mancata cooperazione, gli Stati membri potranno negare benefici, revocare permessi di lavoro e introdurre sanzioni penali, comprese pene detentive.

Il testo chiarisce anche le condizioni per creare return hubs in Paesi terzi, che potranno accogliere temporaneamente i rimpatriandi sulla base di accordi rispettosi del diritto internazionale e del principio di non-refoulement. Previste inoltre misure specifiche per chi rappresenta un rischio per la sicurezza, con divieti di ingresso potenzialmente illimitati e periodi di detenzione prolungati.

Il regolamento introduce poi l’European Return Order (l’ordine di rimpatrio standard europeo), che sarà inserito nel Sistema Informativo Schengen e consentirà la mutual recognition (riconoscimento reciproco) delle decisioni di rimpatrio tra gli Stati membri, rendendo immediata l’esecuzione del provvedimento anche quando la persona si sposta da un Paese all’altro.

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