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Gaza, la tregua non regge: nuovi raid, diplomazie in allarme

Egitto, Qatar e Turchia chiedono il rapido dispiegamento della forza internazionale. l’ONU rinnova il mandato Unrwa, Italia astenuta. 4 palestinesi morti nella Striscia
domenica, 7 Dicembre 2025
3 minuti di lettura

Egitto, Qatar e Turchia hanno ribadito al Forum di Doha in che il cessate il fuoco a Gaza resterà precario finché non sarà dispiegata una forza internazionale di stabilizzazione lungo la cosiddetta linea gialla. Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha chiesto la rapida formazione di questo contingente con mandato delle Nazioni Unite per proteggere i civili, garantire gli aiuti e sostenere una futura polizia palestinese. Il premier del Qatar Mohammed ben Abdelrahmane al Thani ha avvertito che il cessate il fuoco è incompleto senza un ritiro totale delle forze israeliane dalla Striscia. Ankara insiste per partecipare alla missione ma denuncia la resistenza di Israele, che accusa la Turchia di essere troppo vicina a Hamas. Il capo della diplomazia turca Hakan Fidan ha chiarito che il disarmo del movimento islamista non può essere la prima tappa del processo. Prima, ha spiegato, serve una amministrazione palestinese credibile, una polizia civile addestrata e una forza internazionale che separi fisicamente israeliani e palestinesi. Secondo fonti arabe e occidentali, entro fine anno dovrebbe essere annunciata la composizione del Board of Peace l’organismo internazionale che, sotto la presidenza di Donald Trump e con una dozzina di leader mediorientali e occidentali, dovrà gestire la ricostruzione di Gaza nell’ambito del piano statunitense in venti punti. Il dispiegamento sul terreno della forza internazionale è previsto non prima dei primi mesi del 2026.

Nuove vittime e scontro sulla rappresentanza palestinese

Sul terreno la tregua resta estremamente fragile. Ieri nuovi raid israeliani hanno colpito la Striscia: secondo Wafa quattro palestinesi sono stati uccisi nel nord di Gaza e a Rafah, mentre l’esercito israeliano afferma di avere eliminato tre miliziani che avevano oltrepassato la linea di sicurezza. L’Unicef segnala inoltre che dal 10 ottobre, nonostante il cessate il fuoco, oltre settanta bambini sono stati uccisi da bombardamenti e colpi di artiglieria. Non sono statistiche, ricorda l’agenzia, ma vite spezzate. Sul piano politico resta aperto il nodo della rappresentanza palestinese. Giorgia Meloni ribadisce che l’Italia riconoscerà lo Stato di Palestina solo senza Hamas al potere, mentre in Germania il cancelliere Friedrich Merz chiede ad Abbas riforme urgenti per un ruolo credibile nel dopo guerra. L’Assemblea generale dell’ONU ha rinnovato per altri tre anni il mandato di Unrwa con centocinquantuno voti favorevoli. Italia e Germania si sono astenute. Il commissario Philippe Lazzarini sollecita ora risorse concrete per servizi essenziali e aiuti umanitari.

Siria tra ricostruzione difficile e nuove ambizioni politiche

La guerra di Gaza si intreccia con i fragili equilibri del Levante. A Doha il presidente siriano ad interim Ahmed al Sharaa ha respinto la proposta israeliana di una nuova zona demilitarizzata nel sud della Siria, giudicandola pericolosa, e ha accusato Israele di esportare crisi per distogliere l’attenzione da Gaza. Ha confermato elezioni tra quattro anni, insistendo su un sistema fondato sul consenso. Intanto un rapporto di Save the Children mostra un Paese ancora devastato: a un anno dalla fine del conflitto milioni di sfollati tornano in città in macerie, con ospedali e scuole distrutti, economia al collasso e il 90% della popolazione in povertà. Più di sedici milioni di persone, tra cui sette milioni e mezzo di bambini, necessitano di aiuti mentre ordigni inesplosi continuano a uccidere. Nel quadro del lento reintegro internazionale, il Canada ha rimosso la Siria dalla lista degli Stati che sostengono il terrorismo insieme a Hayat Tahrir al Sham, seguendo scelte analoghe di Stati Uniti e Regno Unito.

Libano sospeso tra Hezbollah e diplomazia

Il Libano resta sospeso tra il rischio di una nuova guerra e la pressione perché Hezbollah deponga le armi. Da Doha il ministro degli Esteri Youssef Rajji ha definito il disarmo del movimento sciita una esigenza libanese prima ancora che internazionale ma ha riconosciuto che sarà impossibile senza il consenso dell’Iran. Rajji ha accusato le armi di Hezbollah di non avere difeso né Gaza né il Libano e ha definito tutt altro che imminente un accordo di pace con Israele, mentre lungo il confine i droni israeliani continuano a colpire obiettivi nel sud del Paese. In questo contesto il premier libanese Nawaf Salam ha incontrato a Doha il presidente siriano Sharaa per discutere il rilancio delle relazioni bilaterali dopo anni di gelo.

La parola palestinese

A Roma, infine, la questione palestinese è entrata in Senato attraverso la letteratura. All’undicesima edizione del Franco Cuomo International Award, a Palazzo Giustiniani, è stata premiata la scrittrice palestinese Hanin Soufan autrice de Le anime invincibili di Gaza. Nel suo intervento Soufan ha invitato il pubblico a continuare a raccontare la verità e a stare dalla parte giusta della storia con la speranza che un giorno la Palestina venga riconosciuta come Stato. Un richiamo al potere della parola in una regione dove, per ora, a parlare sono ancora le armi.

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