La Cina ha annunciato la sospensione immediata delle importazioni di prodotti ittici giapponesi, in risposta alle recenti dichiarazioni della premier nipponica Sanae Takaichi sulla possibilità di un intervento militare giapponese in caso di crisi nello Stretto di Taiwan. La decisione, comunicata dal Ministero del Commercio cinese, segna un nuovo picco nelle tensioni diplomatiche tra le due principali potenze asiatiche. Il provvedimento interrompe un parziale allentamento delle restrizioni commerciali che Pechino aveva concesso solo poche settimane fa, dopo il controverso rilascio di acqua trattata dalla centrale nucleare di Fukushima. Ora, con il riaccendersi del confronto su Taiwan, la Cina ha deciso di usare lo strumento economico per esercitare pressione su Tokyo. “La Cina non tollererà provocazioni che minacciano la sua sovranità,” ha dichiarato Liu Jinsong, capo del Dipartimento Affari Asiatici del Ministero degli Esteri cinese, dopo un incontro teso con il suo omologo giapponese Masaaki Kanai. Pechino ha anche convocato l’ambasciatore giapponese e sconsigliato ai propri cittadini di recarsi in Giappone, segnalando un deterioramento rapido delle relazioni bilaterali. La premier Takaichi, insediatasi da poche settimane, ha espresso una linea più assertiva rispetto ai suoi predecessori, affermando che “un attacco a Taiwan potrebbe rappresentare una minaccia esistenziale per il Giappone”. Le sue parole hanno suscitato reazioni dure da parte di Pechino, che considera Taiwan parte integrante del proprio territorio. L’industria ittica giapponese, già provata dalle restrizioni post-Fukushima, rischia ora di subire un colpo durissimo: nel 2023, le esportazioni verso la Cina rappresentavano il 15,6% del totale. Le associazioni di categoria hanno chiesto al governo misure compensative e un piano di diversificazione dei mercati.



