Le ultime notizie che vengono dalla Libia indicano, probabilmente, la più grande svolta strategica nella storia del mare Mediterraneo. Un cambiamento che avviene nella distrazione generale, in particolare dell’Europa e degli Stati Uniti, e che segnerà in maniera determinante gli sviluppi della politica internazionale. Ma il tema è fuori dall’agenda della politica delle democrazie occidentali non perchè impegnate a gestire il Covid 19 ma perchè da tempo hanno perso il bandolo dell’intricata matassa libica.
Cosa sta succedendo? Dopo mesi di scontri tra il governo legittimo di Tripoli e quello “ribelle” guidato dal generale Haftar e dopo una serie di balletti di alleanze che si sono inserite nella guerra civile libica, l’esito finale sembra ormai delinearsi.
Sul campo gli schieramenti tra i due contendenti erano questi: con Haftar erano schierati la Russia, la Francia, l’Arabia Saudita, gli emirati Arabi Uniti e l’Egitto. A favore di al-Serraj, sulla carta, c’erano l’Italia, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l’Algeri ai quali il governo di Tripoli ha più volte chiesto aiuti militari consistenti che non sono mai arrivati.
In questo scenario si è inserito con grande abilità il despota turco Erdogan. Ha capito che poteva giocare da solo una carta senza le prudenze che paralizzavano gli altri attori. Ha inviato molti aerei e soldati e ha, di fatto, prima salvato al-Serraj dalla sconfitta che sembrava imminente, poi costretto alla ritirata le truppe di Haftar. Questo è stato reso possibile anche dalla ritirata della brigata di mercenari al soldo di Mosca, il gruppo Wagner, che nelle ultime settimane ha fatto abbandonato il campo.
probabilmente Putin ha capito che di fronte al massiccio intervento turco non gli conveniva continuare a sostenere il generale perdente e per lui poteva essere più utile cambiare cavallo e mettersi d’accordo con Erdogan per spartirsi il bottino libico.
Ma prima di questo voltafaccia , l’abile stratega del Cremlino ha inviato 14 aerei da guerra che ora sono nella base di al-Jufrah e che da lì non se ne andranno più.
Così ora Putin potrà sedersi al tavolo delle trattative per la “pacificazione” della Libia chiedendo che gli venga riconosciuto il diritto di avere basi militari nel Sahara della Libia.
Se questo scenario, come sembra altamente probabile, sarà confermato, l’esito della guerra di Libia vedrà due nuovi attori dettar legge nel Mediterraneo, gli stessi che hanno fatto e disfatto la guerra in Siria, Putin ed Erdogan.
I due leader hanno rapporti complessi e spesso conflittuali, anche se la Turchia, che fa parte della Nato compra sistemi missilistici proprio dalla Russia, anche questo nell’indifferenza degli altri alleati dotandosi così sia degli F-35 sia dei missili S-400 che i russi costruiscono per abbatterli…
Ma la realpolitik cinica di Mosca e Ankara finora sta dando vantaggi reciproci ai due litiganti. Putin si è assicurato una solida presenza in Siria non solo per le sue navi militari ma anche per la ricostruzione del Paese che costituirà il baluardo più avanzato russo nel Medio Oriente. Mollando Haftar e accordandosi con Erdogan e al-Serraj potrà mantenere un importante avamposto militare nel cuore del Mediterraneo. Un successo straordinario
Erdogan in cambio del sostegno ad al-Serraj aveva già ottenuto di ridefinire a suo piacimento i confini delle acque territoriali intorno all’isola di Creta a scapito della Grecia che già aveva subito una serie di provocazioni su alcune sue isole dell’Egeo intorno alle quali Erdogan vuole realizzare trivellazioni per sfruttare i giacimenti di gas naturale. Ora Erdogan si assicura di fatto il controllo del Governo di Tripoli e chiederà non solo di avere basi militari ma di inserirsi da protagonista nella gestione delle risorse petrolifere di Tripoli.
Alla fine, Putin ed Erdogan hanno conquistato uno spazio militare e geopolitico nel Mediterraneo straordinario. Erdogan si candiderà ad avere un peso ancora maggiore nella Nato, visto che ha messo piede nello scacchiere dove l’Italia era stata per decenni il difensore del fronte sud dell’Alleanza atlantica e si proporrà come colui che tiene a bada le pretese russe nell’area.
Putin espanderà le sue radici in un’area importante per i futuri equilibri nell’Africa settentrionale. L’Europa è fuori gioco. Gli Stati Uniti dovranno trattare con Erdogan e Putin da posizioni di debolezza. Mentre la Cina sta rafforzando le sue vie della seta controllando i principali porti e le rotte commerciali del Mediterraneo.
Quello che era il Mare nostrum non ci appartiene più.
Sta diventando il Mare eorum, il mare loro, di Putin, Xi-Jinping e Erdogan. Tre despoti assetati di potere interno e internazionale che nulla hanno a che vedere con la libertà e la democrazia, che sono state finora il canto delle onde del Mediterraneo. Complimenti ai grandi strateghi dell’Occidente che galoppa incosciente verso il suo suicidio.
Scrivi all’autore dell’articolo