Migliaia di persone hanno invaso il Paseo de la Reforma e le piazze del centro per protestare contro la criminalità dilagante e la corruzione endemica che affligge il Paese. A guidare la mobilitazione, sempre più visibile e determinata, è la cosiddetta Generación Z, composta da giovani tra i 16 e i 25 anni, cresciuti tra social network e narrazioni di violenza quotidiana. “Non siamo più disposti a vivere nella paura,” ha dichiarato Ana Sofía, 19 anni, studentessa universitaria e una delle promotrici del corteo. “Abbiamo visto amici sparire, famiglie distrutte, politici arricchirsi. Ora basta.” Le proteste, iniziate come sit-in spontanei nei campus universitari, si sono rapidamente trasformate in un movimento nazionale. A Città del Messico, oltre 30.000 persone hanno sfilato pacificamente, brandendo cartelli con slogan come “Ni un muerto más” e “No somos el futuro, somos el presente”. Tra i manifestanti anche genitori, insegnanti e attivisti veterani, uniti in un fronte intergenerazionale. Il governo del presidente Claudia Sheinbaum ha risposto con cautela. In un comunicato, il Ministero dell’Interno ha riconosciuto “la legittimità delle preoccupazioni espresse dai giovani” e ha promesso “un piano straordinario per la sicurezza urbana e la trasparenza amministrativa”. Ma molti manifestanti restano scettici: “Abbiamo sentito promesse per anni,” ha detto Diego, 22 anni. “Ora vogliamo risultati.” Il Messico è da tempo alle prese con una crisi di sicurezza: nel solo 2024 si sono registrati oltre 30.000 omicidi, molti legati al narcotraffico. A questo si aggiungono scandali di corruzione che coinvolgono funzionari pubblici, polizia e magistratura. La protesta della Generazione Z, però, sembra avere un’energia nuova: organizzata, digitale, inclusiva. E mentre le piazze si riempiono, il messaggio è chiaro: il cambiamento non può più aspettare.



