sabato, 16 Novembre, 2024
Attualità

Il giornalismo neroniano e l’Italia da rifare

Abbiamo descritto questa crisi sanitaria ed economica come epocale. Ci prepariamo a vivere mesi, e forse anni, di inaudita durezza. Abbiamo invocato interventi senza precedenti da parte di tutte le istituzioni sovranazionali e nazionali. Ma ci siamo preparati adeguatamente? Abbiamo cambiato mentalità, metodo di approccio ai problemi, linguaggi e modalità di comunicazione? No. E questo costituisce un ulteriore grave problema che peggiora il contesto.

C’è una sfasatura tra la crisi, gli interventi che richiede e il modo in cui ci stiamo approcciando ad essa e al suo superamento.

Non c’è il clima giusto. Continuiamo ad accentuare quello che ci divide, ad esasperare le polemiche, i conflitti e anche a crearli, quando non esistono.

Seminiamo veleni, elementi di frizione, di astio e disgregazione invece di puntare a una più forte coesione sociale e comunitaria.

Ci stiamo predisponendo nel modo peggiore ai tempi bui che verranno e che richiederebbero di mettere in soffitta, per un po’, vecchie e pessime abitudini che ci spingono a godere delle lacerazioni, della distruzione di equilibri e di leadership. Soffiare sul malumore rivela un istinto “neroniano” che ci fa godere dei fuochi che divampano e che tutto distruggono per poi lamentarci delle materie che rimangono.

Si può fare qualcosa perché tutto questo non avvenga? Certo che si può. E molto dipende da chi forma l’opinione pubblica, da chi confeziona e diffonde messaggi, da chi abitua all’uso di parole che diventano dominanti e a schemi di pensiero o, meglio sarebbe dire, semplificazioni, che liberano dalla fatica di pensare.

I giornali, i giornalisti e, in senso lato, coloro che svolgono il ruolo di opinion leader hanno una grande responsabilità.

Facciamo un esempio. Certi talk show che tanto tempo assorbono della vita dei politici, degli esperti, presunti o veri, seguono un canovaccio basato sull’enfasi della polemica, sullo scontro verbale a volte anche violento, sull’accentuazione delle contrapposizioni. Il calcolo che si fa è che l’audience salga in proporzione al volume della voce di chi dibatte e non in base alla ricchezza di conoscenze, di informazioni chiare e precise che vengono veicolate in questi spettacoli che dovrebbero dare notizie.

Immaginiamo che si cambi registro, che questi programmi d’ora in poi comincino a costringere i politici a pronunciarsi in concreto su programmi, su idee e non sulla base di slogan e di frasi che rivelano ignoranza o scarsa conoscenza dei problemi.  Immaginiamo che tutto questo sforzo da parte dei giornalisti e conduttori miri a trovare dei punti in comune su cui creare consensi ampi e non ad aizzare gli animi col solo obiettivo non solo di allontanare la maggioranza dall’opposizione ma anche di dividere, al loro interno, le forze di maggioranza e le forze di opposizione e di esacerbare gli scontri sociali.

Servirebbe all’Italia un cambiamento di registro di questo tipo? Secondo me si. Perché darebbe ai cittadini l’immagine di un Paese che smette di litigare e di fare chiacchiere inutili ma cerca di trovare l’accordo più ampio possibile su quegli interventi necessari per salvare l’Italia e in questo clima si rimbocca le maniche e si dà da fare.

Lo stesso discorso vale per certi giornali e blog ad alta diffusione. Immaginiamo che parole pesanti come “guerra”, “scontro”, “spaccatura”, “polemica” vengano usate solo nei rari casi in cui di questo si tratta. Immaginiamo che i giornalisti non diano spazio a battute, a frasi offensive, a sparate di questo o quel politicante in cerca di like ma facciano una sorta di “stati generali permanenti” sulle pagine dei giornali e sul web chiamando tutti a confrontarsi sulle riforme necessarie per superare l’emergenza e ricostruire il Paese.

Immaginiamo che i giornali invece di sparare titoloni su chi fa gli attacchi più generici e più astiosi chiamino queste persone in cerca di clamore a dire punto per punto cosa intendono criticare, cosa vogliono proporre, costringendole a non rifugiarsi in slogan preconfezionati, frasi ad effetto ed evasioni dalla realtà.

Servirebbe a mettere fuori gioco vocianti e ciarlatani e a far emergere i veri politici che hanno idee e soprattutto passione civile e morale verso il loro Paese.

Qualcuno obietterà che quello che ho descritto non è il compito dei giornalisti e dei talk show. Già… e quale sarebbe il loro compito in una fase drammatica della storia italiana? Soffiare sul fuoco, mettersi a suonare la lira cantando mentre l’Italia va in cenere?

Il giornalismo neroniano non serve e rischia di mandare in fumo anche una professione nobile che potrebbe, invece dare una grande mano a salvare l’Italia.

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