La Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato ragione all’amministrazione Trump, autorizzando l’adozione di una politica che impone l’indicazione del sesso biologico alla nascita sui passaporti americani. La decisione revoca la possibilità di scegliere l’opzione “X”, introdotta negli anni precedenti per riconoscere le identità transgender, non binarie e intersessuali. La sentenza, approvata con una maggioranza conservatrice, ribalta un’ingiunzione federale emessa dal tribunale del Massachusetts e confermata in appello, che bloccava l’applicazione del provvedimento. Secondo i giudici supremi, “indicare il sesso alla nascita sui passaporti non viola i principi di uguaglianza di trattamento più di quanto lo faccia indicare il Paese di nascita: in entrambi i casi, il governo si limita ad attestare un fatto storico”. La decisione rappresenta una vittoria politica per Donald Trump, che ha definito la misura “essenziale per la sicurezza nazionale” e ha accusato i suoi oppositori di voler “distruggere l’identità americana”. Gruppi per i diritti civili, tra cui Lambda Legal e ACLU, hanno condannato la sentenza come “un passo indietro nella tutela delle libertà individuali”. La giudice Ketanji Brown Jackson, nominata durante l’amministrazione Biden, ha espresso dissenso, sottolineando che la norma “nega il riconoscimento legale a milioni di cittadini” e potrebbe avere ripercussioni pratiche su viaggi, documenti e accesso ai servizi pubblici. Il Dipartimento di Stato ha annunciato che entro 30 giorni verranno aggiornati i moduli di richiesta del passaporto, eliminando l’opzione “X” e ripristinando la designazione binaria maschio/femmina. Secondo MarketScreener, la nuova politica potrebbe interessare oltre 1,2 milioni di cittadini statunitensi che si identificano al di fuori del binarismo di genere.



