Vivono sempre più a lungo, e sempre più spesso sono donne. Al 1° gennaio 2025 in Italia i residenti con almeno cento anni di età sono 23.548, oltre 2 mila in più rispetto all’anno precedente (21.211). Lo rivela l’Istat nel nuovo report sulla longevità, che conferma un dato ormai consolidato: l’82,6% dei centenari è di sesso femminile. Negli ultimi quindici anni i ‘grandi vecchi’ italiani sono più che raddoppiati: nel 2009 erano appena 10.158. L’aumento è stato costante, salvo una breve flessione tra il 2015 e il 2019, dovuta alle coorti nate durante la Prima guerra mondiale, numericamente più ridotte. I semi-supercentenari, cioè chi ha almeno 105 anni, sono 724, in crescita rispetto ai 654 del 2024. Tra loro, il 90,7% sono donne (657 contro 67 uomini). I supercentenari, ossia le persone con 110 anni e oltre, sono 19: solo uno è uomo.
Il decano d’Italia è un lucano di 111 anni, mentre la decana vive in Campania e tra pochi giorni spegnerà 115 candeline. Dal 2009 al 2025 sono 8.980 gli italiani che hanno superato i 104 anni, in larghissima parte donne (quasi 8 mila).
Isernia e Nuoro in testa per longevità
Le mappe della longevità tracciano un’Italia diversa da quella economica. In valore assoluto, la Lombardia è la regione con più centenari (quasi 4 mila), seguita da Lazio ed Emilia-Romagna.
Ma se si guarda alla popolazione, è il Molise a guidare la classifica con 61 centenari ogni 100 mila abitanti, davanti alla Liguria (59,4), al Friuli-Venezia Giulia (55,4) e alla Toscana (49,1). Tra le province spiccano Isernia (78,7 centenari per 100 mila residenti) e Nuoro (65,5), dove si conferma l’eccezionale longevità sarda. Seguono Siena, Gorizia, Imperia e Genova.
Per gli over 105, la concentrazione più elevata si registra in Valle d’Aosta, con 2,4 semi-supercentenari ogni 100 mila abitanti, seguita da Liguria e Marche.
Maria e Giuseppe restano i nomi della longevità
Tra gli ultracentenari italiani, i nomi più diffusi restano Giuseppe e Maria — simboli di una generazione nata quando la tradizione religiosa era ancora dominante. Oggi, infatti, questi nomi sono scelti solo per lo 0,4% delle neonate e per l’1,3% dei nuovi nati. Quasi tutti i grandi anziani sono vedovi: l’86% delle donne e l’80% degli uomini. Le nubili sono il doppio dei celibi (12% contro 6%), mentre tra i coniugati il rapporto si inverte (14% di uomini contro solo 1% di donne).
La grande maggioranza dei centenari italiani continua a vivere in famiglia: l’89% tra i 100 e i 104 anni e l’88% tra chi ha superato i 105. Solo 2.598 persone vivono in strutture o convivenze istituzionalizzate. Secondo l’Istat, questo dato conferma che “l’ambiente familiare garantisce una migliore qualità della vita e un’assistenza più attenta”, elementi chiave per una longevità attiva.
Dopo i 105 anni il rischio di morte si stabilizza
Una curiosità scientifica emerge dal rapporto: dopo i 105 anni, la probabilità di morte non cresce più in modo esponenziale. Le analisi mostrano che tra i 105 e i 112 anni il rischio resta quasi costante (dal 48% al 60%), un fenomeno noto come plateau di mortalità. In altre parole, chi supera la soglia dei 105 anni entra in un gruppo di persone “selezionate” dalla natura, con una sorprendente resistenza biologica.
Il record assoluto di longevità resta imbattuto: Jeanne Calment, francese, visse 122 anni e 164 giorni. Tra gli italiani, la più longeva di sempre è Emma Morano, morta a 117 anni nel 2017 a Verbania, mentre il primato maschile appartiene al sardo Antonio Todde, deceduto a 112 anni e 346 giorni.



