Dopo trentatré anni di moratoria, gli Stati Uniti torneranno a testare armi nucleari. L’annuncio, arrivato direttamente da Donald Trump su Truth Social mentre si trovava a bordo del Marine One diretto a Busan, in Corea del Sud, ha scosso la comunità internazionale. “Visto che gli altri li stanno effettuando, penso sia opportuno che lo facciamo anche noi”, ha dichiarato il presidente americano, ordinando al Pentagono di “avviare immediatamente” i test per “garantire che l’arsenale statunitense resti il più avanzato del mondo”. Non è chiaro se Trump si riferisse a test esplosivi — vietati da oltre 25 anni da tutte le potenze nucleari tranne la Corea del Nord — o a test di volo dei missili con capacità atomica. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, si è detto “profondamente preoccupato” per il rischio di una nuova corsa agli armamenti nucleari, mentre il segretario alla Difesa americano, Pete Hegseth, ha discusso al vertice Asean con l’omologo cinese Dong le “preoccupazioni per la sicurezza nell’Indo-Pacifico e per Taiwan”. L’ultimo test nucleare americano risale al 1992, quello sovietico al 1990, mentre la Cina ha interrotto i propri nel 1996. Il Cremlino ha reagito con cautela. “Il presidente Trump ha menzionato che altri paesi starebbero effettuando test nucleari, ma non ne eravamo a conoscenza”, ha dichiarato il portavoce Dmitry Peskov, precisando che la Russia non ha condotto alcun test esplosivo e che i recenti esperimenti sul missile Burevestnik e sul siluro Poseidon “non possono essere interpretati come test nucleari”. Il segretario del Consiglio di Sicurezza russo, Serghei Shoigu, ha aggiunto che “le armi nucleari vengono testate regolarmente, ma con modelli matematici e non fisici”. Mosca, ha detto, non condurrà test “a meno che non lo facciano gli Stati Uniti”. Dal ministero degli Esteri cinese è arrivato un appello alla Casa Bianca affinché rispetti la moratoria e “mantenga la stabilità strategica globale”. Secondo il Center for Strategic and International Studies di Washington, la Cina ha più che raddoppiato il proprio arsenale negli ultimi cinque anni, passando da 300 a circa 600 testate, e potrebbe superare quota 1000 entro il 2030.
Teheran ha definito i piani di Washington “regressivi e irresponsabili”.
Le opposizioni: “Un passo indietro di trent’anni”
Negli Stati Uniti, i Democratici denunciano una decisione “sconsiderata”. La deputata del Nevada Dina Titus ha annunciato una proposta di legge “per fermare tutto questo”. Daryl Kimball, direttore dell’Arms Control Association, ha ricordato che servirebbero almeno tre anni per riattivare il sito di test del Nevada, definendo Trump “male informato e fuori dal mondo”. Secondo l’associazione, gli Usa dispongono oggi di 5.225 testate nucleari contro le 5.580 della Russia. “Non c’è alcuna necessità tecnica o militare di riprendere i test esplosivi”, ha dichiarato Kimball, avvertendo che una mossa simile “potrebbe far saltare in aria il Trattato di non proliferazione nucleare e innescare una reazione a catena di nuovi test in tutto il mondo”.
 
				
 
             
                


 
                