Il colosso dell’e-commerce Amazon ha confermato il piano per licenziare fino a 30.000 dipendenti in Europa, in quello che è stato definito il più grande taglio occupazionale nella storia dell’azienda. La notizia, diffusa il 28 ottobre, arriva in seguito a una revisione strategica interna mirata a ridurre i costi, snellire la struttura aziendale e accelerare l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi operativi. Secondo fonti interne citate da Reuters e Wall Street Journal, i licenziamenti riguarderanno principalmente impiegati corporate, ovvero personale amministrativo e tecnico, e non i lavoratori dei magazzini. Amazon conta circa 1,55 milioni di dipendenti nel mondo, di cui 350.000 in ruoli aziendali: il taglio colpirà circa il 10% di questa fascia. Il CEO Andy Jassy ha motivato la decisione con la necessità di “correggere l’espansione eccessiva avvenuta durante la pandemia” e di “investire in automazione e AI per migliorare l’efficienza”. Già nei mesi scorsi, Jassy aveva avvertito che “molti ruoli potrebbero essere sostituiti da colleghi meno costosi e più affidabili: le macchine”. Le prime lettere di licenziamento sono partite il 28 ottobre, mentre una seconda ondata è prevista per l’inizio del 2026, dopo il periodo natalizio. Secondo CNBC, il piano potrebbe estendersi fino a 160.000 posti entro il 2027, se l’automazione dovesse progredire come previsto. Sebbene Amazon non abbia ancora rilasciato un comunicato ufficiale dettagliato, il piano ha già suscitato reazioni sindacali in Germania, Francia e Italia, dove i rappresentanti dei lavoratori chiedono trasparenza, compensazioni e riqualificazione professionale. In Italia, il sindacato UILTuCS ha definito la mossa “una doccia fredda per migliaia di famiglie”. La notizia ha avuto ripercussioni anche in borsa, con le azioni Amazon in leggero rialzo, segno che gli investitori vedono nel piano un’opportunità di razionalizzazione e crescita tecnologica.



