Con il 64% dei voti, Catherine Connolly ha vinto le elezioni presidenziali irlandesi, diventando la prima indipendente di sinistra a ricoprire la carica più alta dello Stato. La sua elezione, avvenuta il 25 ottobre, segna una svolta politica e simbolica per un Paese tradizionalmente guidato da figure legate ai partiti centristi o conservatori. Connolly, 68 anni, ex vicepresidente della Camera e psicologa di formazione, è stata sostenuta da un’inedita alleanza di partiti progressisti — dal Sinn Féin ai Verdi — e da un vasto movimento civico, in particolare giovanile. La sua rivale, Heather Humphreys, esponente del Fine Gael e già ministra in diversi governi, ha ottenuto il 29,5% dei consensi e ha ammesso la sconfitta nel pomeriggio di sabato, congratulandosi pubblicamente con la vincitrice. Nota per le sue posizioni critiche verso NATO, Unione Europea e Stati Uniti, Connolly è stata soprannominata la “Corbyn di Galway”, in riferimento all’ex leader laburista britannico. Durante la campagna elettorale ha puntato su temi come giustizia sociale, neutralità militare e diritti civili, conquistando l’attenzione di una generazione che si sente distante dalle élite tradizionali. Nel suo primo discorso da presidente eletta, tenuto al Castello di Dublino, Connolly ha dichiarato: “Sarò la presidente di tutti, anche di chi non mi ha votata. L’Irlanda ha bisogno di ascolto, dignità e coraggio.” Ha poi ringraziato i volontari e gli attivisti che hanno reso possibile una campagna “radicale ma rispettosa”. La sua elezione rappresenta una sfida per il governo in carica, guidato dalla coalizione Fine Gael–Fianna Fáil, che dovrà ora confrontarsi con una figura istituzionale non allineata e potenzialmente critica. Sebbene il ruolo del presidente sia prevalentemente cerimoniale, Connolly ha già fatto sapere che intende “esercitare pienamente le prerogative costituzionali”, soprattutto in materia di diritti umani e politica estera.



