Il governo pakistano ha ufficialmente messo al bando il Tehreek-e-Labbaik Pakistan (TLP), partito islamista di estrema destra, accusandolo di aver fomentato le violente proteste che hanno causato cinque morti, tra cui un agente di polizia, e decine di feriti. Il provvedimento è stato adottato giovedì 23 ottobre attraverso la legislazione antiterrorismo, segnando la seconda interdizione del partito in meno di cinque anni. Gli scontri sono scoppiati nei pressi di Muridke, lungo l’autostrada che collega Lahore a Islamabad, dove migliaia di sostenitori del TLP hanno cercato di marciare verso la capitale per tenere un comizio. Secondo le autorità, alcuni manifestanti avrebbero aperto il fuoco contro la polizia, innescando una risposta armata. Il partito nega le accuse e sostiene che siano state le forze dell’ordine ad aprire il fuoco per prime. Il TLP, fondato nel 2015, è noto per le sue posizioni radicali in difesa della legge sulla blasfemia e per aver organizzato proteste di massa contro l’Occidente e le minoranze religiose. Era già stato messo fuori legge nel 2021, durante il governo di Imran Khan, ma il bando fu revocato dopo sei mesi in seguito a un accordo che prevedeva la rinuncia alla violenza — mai pienamente rispettato. La leadership del partito ha definito il nuovo bando “incostituzionale e politicamente motivato”, denunciando il congelamento dei conti correnti e la repressione delle attività politiche. Il governo, dal canto suo, ha giustificato la misura come “necessaria per garantire l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale”. L’interdizione del TLP arriva in un momento di forte instabilità interna, con crescenti tensioni al confine con l’Afghanistan e un aumento degli attacchi contro le forze di sicurezza. Secondo gli analisti, il bando potrebbe radicalizzare ulteriormente la base del partito, composta in larga parte da giovani disoccupati e religiosi conservatori.



