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Costa d’Avorio, rabbia giovanile contro il quarto mandato di Ouattara: “Non siamo più spettatori”

venerdì, 24 Ottobre 2025
1 minuto di lettura

A due giorni dalle elezioni presidenziali del 25 ottobre, la Costa d’Avorio è attraversata da un’ondata di proteste giovanili contro la candidatura dell’83enne presidente Alassane Ouattara, in corsa per il quarto mandato consecutivo. Le manifestazioni, vietate dalle autorità, si sono moltiplicate nelle principali città del Paese, con cortei spontanei, sit-in universitari e campagne social che denunciano “l’usura del potere” e “l’esclusione generazionale”. “Non siamo più spettatori della storia,” ha dichiarato un giovane attivista ad Abidjan, dove centinaia di studenti hanno bloccato l’accesso al campus di Cocody. La protesta è alimentata anche dalla mancata ammissione di alcuni candidati dell’opposizione, tra cui Tidjane Thiam, figura molto popolare tra i giovani e leader del Partito Democratico della Costa d’Avorio (PDCI). La riforma costituzionale del 2016 ha permesso a Ouattara di ricandidarsi, azzerando il conteggio dei mandati precedenti. Ma per molti giovani ivoriani, cresciuti tra crisi economiche, guerre civili e promesse disattese, la sua candidatura rappresenta un ritorno al passato. “Abbiamo bisogno di volti nuovi, di idee nuove,” si legge in uno dei post virali su TikTok, dove la campagna #PasEncoreLui ha superato i 2 milioni di visualizzazioni. Il governo ha mobilitato 44.000 agenti per garantire la sicurezza del voto e ha vietato ogni manifestazione pubblica fino al giorno delle elezioni. Tuttavia, le proteste continuano anche online, con artisti, influencer e giornalisti che denunciano la “democrazia sospesa” e chiedono maggiore trasparenza. Secondo gli osservatori internazionali, il clima elettorale è teso ma non ancora esplosivo. La Commissione Elettorale ha confermato cinque candidati ammessi, tra cui Henriette Lagou Adjoua e Don-Mello Senin Ahoua Jacob, ma l’assenza di figure chiave dell’opposizione rischia di delegittimare il voto agli occhi di una generazione sempre più politicizzata.

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