Un nuovo naufragio ha insanguinato le acque del Mediterraneo centrale. Almeno 40 migranti provenienti dall’Africa subsahariana hanno perso la vita al largo della costa di Salakta, nel governatorato tunisino di Mahdia, dopo che la loro imbarcazione si è capovolta durante la notte tra martedì e mercoledì. Tra le vittime, secondo fonti giudiziarie locali, ci sarebbero anche diversi neonati. A bordo del piccolo barchino di ferro, diretto verso le coste europee, si trovavano circa 70 persone. Solo 30 sono state tratte in salvo dalla Guardia costiera tunisina, intervenuta dopo l’allarme lanciato da pescatori locali. Le operazioni di recupero dei corpi sono ancora in corso, mentre la Procura della Repubblica di Mahdia ha aperto un’inchiesta per chiarire le cause del naufragio. La Tunisia, sempre più crocevia delle rotte migratorie, è da mesi teatro di tensioni crescenti. Le ONG denunciano intercettazioni violente e respingimenti illegali, mentre le condizioni nei centri di detenzione temporanea peggiorano. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), dal 2014 a oggi oltre 32.000 persone sono morte o scomparse nel Mediterraneo centrale. Il naufragio di Salakta arriva a meno di una settimana da un altro incidente mortale, e riaccende il dibattito sulla gestione dei flussi migratori e sulla responsabilità condivisa tra Europa e Nord Africa. L’Unione Europea ha recentemente rivisto l’accordo con la Tunisia, prevedendo fondi per il controllo delle frontiere e il contrasto ai trafficanti, ma le organizzazioni umanitarie parlano di esternalizzazione della sofferenza. In Italia, la notizia ha suscitato commozione e indignazione. Il ministro dell’Interno ha espresso cordoglio e ha ribadito l’impegno per “una politica migratoria più equa e sicura”. Intanto, sette corpi recuperati in mare sono stati trasportati a Porto Empedocle dalla nave Dattilo della Guardia costiera italiana.
