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Sanae Takaichi diventa la prima premier del Giappone. Ma dietro la svolta storica, si intravede la continuità del potere maschile

martedì, 21 Ottobre 2025
3 minuti di lettura

Negli ultimi anni, il Giappone ha dovuto affrontare sfide complesse: una crescita economica stagnante, un invecchiamento demografico tra i più rapidi al mondo, un ruolo internazionale reso fragile dalla competizione sino-americana e una società che chiede riforme su lavoro, diritti e parità di genere. È in questo scenario che oggi, 21 ottobre, la Dieta ha eletto Sanae Takaichi come prima premier donna del Giappone, evento storico e, allo stesso tempo, politicamente denso di ambiguità.

Chi è Sanae Takaichi

Nata nel 1961 nella prefettura di Nara, Takaichi ha studiato economia all’Università di Kobe e si è avvicinata presto alla politica, fino a essere eletta per la prima volta nel 1993. Nel corso della sua carriera ha ricoperto vari incarichi di governo — tra cui quello di ministra degli Interni e delle Comunicazioni — distinguendosi per disciplina, tenacia e fedeltà ideologica. La sua ascesa è strettamente legata alla figura di Shinzo Abe, il premier scomparso nel 2022, di cui Takaichi è considerata l’erede più coerente.

La sua elezione è stata resa possibile da un fragile accordo tra il LDP e il partito riformista di destra Nippon Ishin (Japan Innovation Party), che ha preso il posto dell’alleato tradizionale Komeito. Il nuovo equilibrio di potere, pur consentendole di ottenere la fiducia, la obbliga a una continua mediazione parlamentare.

Le sue posizioni: conservatrice e nazionalista

Takaichi incarna la linea più conservatrice del LDP. È nota per le visite al Santuario Yasukuni, luogo di culto shintoista dedicato ai caduti di guerra, ma anche a figure condannate come criminali di guerra di classe A: un gesto che molti giapponesi considerano patriottico, ma che provoca ogni volta dure reazioni da parte di Cina e Corea del Sud.

In politica estera, sostiene una revisione dell’articolo 9 della Costituzione — la clausola pacifista che vieta al Giappone di possedere un esercito tradizionale — per riconoscere ufficialmente le Forze di autodifesa e rendere il Paese più “assertivo” sul piano militare. È favorevole a un aumento della spesa per la difesa, al rafforzamento del legame con gli Stati Uniti e a una postura più ferma nei confronti della Cina e a favore di Taiwan.

Sul piano sociale, la premier mantiene posizioni altrettanto tradizionaliste. Si oppone al matrimonio tra persone dello stesso sesso, alla possibilità che i coniugi mantengano cognomi separati e all’ipotesi di una successione imperiale femminile. La sua visione del ruolo della donna, più improntata all’etica del dovere che all’uguaglianza di genere, ha suscitato reazioni contrastanti: per alcuni è il simbolo di un riscatto femminile dentro un sistema maschile; per altri, la conferma che il cambiamento giapponese può ancora avvenire solo “alle condizioni del patriarcato”.

Economia e politica interna

Sul fronte economico, Takaichi si muove nel solco dell’Abenomics, la strategia lanciata da Shinzo Abe nel 2012 basata su stimoli fiscali, politica monetaria espansiva e riforme strutturali. La premier propone una versione aggiornata, ribattezzata informalmente “Sanaenomics”, che punta a sostenere la domanda interna, incentivare l’industria tecnologica (in particolare semiconduttori, intelligenza artificiale e biotecnologie) e rafforzare la sicurezza energetica, anche attraverso il rilancio del nucleare.

Questa politica espansiva, tuttavia, rischia di scontrarsi con la sensibilità più prudente del suo alleato Nippon Ishin, che chiede rigore nei conti pubblici. La premier dovrà quindi dimostrare capacità di mediazione e rapidità di risultati, soprattutto sul tema cruciale del potere d’acquisto, eroso dall’inflazione importata e dal persistente indebolimento dello yen.

Un governo più conservatore che rivoluzionario

Nonostante le promesse di promuovere più donne, il governo Takaichi presenta una composizione prevalentemente maschile, segno della difficoltà a conciliare un gesto simbolico di rottura con l’inerzia di un apparato politico ancora conservatore. Il suo mandato si apre dunque sotto il segno della contraddizione: è una svolta storica, ma al tempo stesso un esperimento di continuità.

Sul piano internazionale, Takaichi dovrà muoversi in un contesto geopolitico sempre più teso. La sua visione del Giappone come “potenza responsabile ma autonoma” si scontra con la realtà di un Paese fortemente legato agli Stati Uniti e sempre più preoccupato dall’espansione cinese. Sul piano interno, le riforme economiche e sociali saranno la vera prova di forza della sua leadership.

Una svolta simbolica, non ancora sostanziale

L’elezione di Sanae Takaichi segna una data che entrerà nella storia del Giappone. È la prima volta che una donna assume la guida del governo in un Paese dove meno del dieci per cento dei parlamentari è donna e dove il “soffitto di cristallo” è ancora solido. Tuttavia, la novità di genere non coincide necessariamente con un cambio di rotta politico o culturale.

Takaichi porta con sé l’eredità del nazionalismo moderato di Shinzo Abe, una visione sociale tradizionale e un pragmatismo economico che parla più di continuità che di rivoluzione. La sfida che l’attende è duplice: governare un Giappone in cerca di nuovo slancio e dimostrare che la rottura simbolica della sua elezione possa tradursi, finalmente, in una trasformazione reale.

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