La manovra economica del Governo Meloni procede a passo lento. Il testo, atteso ieri in Senato, slitterà ancora per gli ultimi ritocchi, mentre all’interno della maggioranza sono cresciute le tensioni. Il primo fronte di scontro è quello degli affitti brevi, dopo l’ipotesi di aumento della cedolare secca dal 21 al 26%, che ha provocato la reazione durissima di Forza Italia. “È un errore aumentare le tasse a chi affitta una sola unità abitativa”, la denuncia di Carlo De Romanis, Responsabile Turismo di FI, “perché si penalizzano famiglie e piccoli proprietari, si limita il turismo nei borghi e si incentiva l’elusione fiscale”.
Sulla stessa linea la Vicepresidente azzurra Deborah Bergamini, che ha parlato di “una misura in contraddizione con i principi del Centrodestra e un blitz non condiviso nella coalizione”. Anche il Capogruppo Paolo Barelli ha invitato alla prudenza: “Serve una distinzione tra uso saltuario e attività imprenditoriale. Non si possono colpire contribuenti onesti”.
Più sfumata la posizione della Lega, ma non meno critica: “Aumentare la cedolare sugli affitti brevi non mi sembra il modo giusto per sostenere il consumo interno e la domanda privata. Ci penserà il Parlamento a correggere”, le parole del leader del Carroccio Matteo Salvini.
Conti pubblici
Sul fronte dei conti il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo ha difeso invece i tagli ai ministeri, spiegando che “ognuno deve fare la propria parte per mantenere l’equilibrio dei conti pubblici”, precisando che “l’Italia paga 80 miliardi di euro di interessi sul debito ogni anno”. Intanto lo stesso Salvini è tornato all’attacco del settore bancario, evocando un ‘metodo Trump’: “Le banche devono dare un contributo da 5 miliardi, e se si lamentano, anche 6 o 7. Tutti possono piangere, tranne loro”. Parole che hanno spinto Antonio Tajani a precisare: “Non c’è un solo partito al governo, ce ne sono tre. Nessuno decide per gli altri. Si possono fare proposte, ma serve equilibrio: non è giusto avere un atteggiamento punitivo verso chi sostiene il sistema economico”.
Il caso del post di Trump
A infiammare ulteriormente il clima politico è poi arrivato il post di Donald Trump, che su Truth ha rilanciato un video in cui si sostiene che l’Italia sarebbe pronta a negoziare direttamente con Washington sui dazi e a ridimensionare il sostegno all’Ucraina. Un’ipotesi che ha fatto insorgere l’opposizione: “Meloni deve chiarire se queste affermazioni corrispondono al vero”, ha attaccato Francesco Boccia, Capogruppo Pd al Senato. “Non possiamo accettare che l’Italia si isoli in Europa o si pieghi alle logiche di Trump”.
Anche Chiara Braga, Capogruppo dem alla Camera, ha chiesto chiarimenti: “Le parole del Presidente americano sono gravi. Il Premier dica chiaramente se l’Italia vuole essere l’avamposto di Trump per dividere l’Ue”. Dura anche Raffaella Paita di Italia viva: “Il silenzio di Meloni danneggia l’immagine internazionale del Paese. Serve una presa di posizione chiara da Palazzo Chigi”. Per Peppe De Cristofaro (Avs) “il governo dei sovranisti si è inginocchiato davanti a Trump. Fanno i patrioti ma lavorano per spaccare l’Europa. Meloni deve venire in Parlamento, non bastano video sui social”.
Da Palazzo Chigi è arrivata comunque la replica: “La trattativa sui dazi è competenza della Commissione europea, con la quale c’è pieno coordinamento. L’Italia affianca il lavoro di Bruxelles per tutelare l’export nazionale. Nessun negoziato separato”. A rafforzare la posizione del Governo è Maurizio Lupi (Noi Moderati): “La linea italiana è chiara. Il sostegno all’Ucraina non è mai stato messo in discussione e sui dazi Meloni ha sempre ribadito che le trattative spettano all’Ue”.