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Manifestanti bloccano il valico di Kerem Shalom. Trump: nostri militari mai a Gaza

Restituiti 19 corpi di ostaggi e di 120 palestinesi. Israele accusa Hamas di non rispettare gli accordi, ma Hamas non ha i mezzi
sabato, 18 Ottobre 2025
3 minuti di lettura

Ieri il valico israeliano di Kerem Shalom è stato bloccato da manifestanti filogovernativi che si oppongono all’ingresso di aiuti verso Gaza finché Hamas non restituisca i corpi degli ostaggi detenuti nella Striscia. Il gruppo radicale israeliano Tzav 9 ha annunciato di aver fermato camion in diversi punti, motivando l’azione con la mancata consegna, da parte palestinese, delle salme in suo possesso. Nel frattempo, la tensione diplomatica fra Israele e Hamas continua a salire: Tel Aviv accusa Hamas di aver violato l’accordo di cessate il fuoco perché non ha consegnato in modo tempestivo tutti i 19 corpi degli ostaggi ancora in suo possesso, mentre Hamas afferma di aver già restituito tutti quelli che ha potuto recuperare e chiede più tempo per recuperare i restanti. L’organizzazione palestinese spiega che alcuni corpi giacciono nei tunnel distrutti o sotto le macerie di edifici bombardati, e che è impossibile trasportare le attrezzature necessarie per recuperarli a causa del divieto imposto da Israele.

Le trattative interne e il ruolo di Trump

Ieri sera si è conclusa una lunga «discussione operativa» convocata dal primo ministro Benjamin Netanyahu con i suoi consiglieri per valutare le misure da adottare. Secondo un messaggio del coordinatore israeliano per gli ostaggi, Gal Hirsch, inviato alle famiglie degli ostaggi — e reso noto dalla CNN — l’incontro ha coinvolto alti funzionari della Difesa e del team negoziale. Uno dei temi principali è stato il ritiro di un numero maggiore di salme da parte di Hamas. Durante la riunione è avvenuta una conversazione fra Netanyahu e il presidente Usa Donald Trump, nel corso della quale i due leader hanno discusso la questione della restituzione dei corpi. Fonti citate dai media americani affermano che Israele ritiene che Hamas detenga almeno altri sei corpi non consegnati. Donald Trump ha ribadito che gli Stati Uniti non intendono intervenire militarmente nella Striscia di Gaza: «Non saremo noi, non dovremo esserlo», ha dichiarato, pur lasciando intendere che altre entità agiranno «sotto i nostri auspici». Ieri Trump aveva già minacciato Hamas tramite un post su Truth Social, ma oggi il suo tono è più moderato. Nell’ambito della diplomazia statunitense, l’inviato speciale Steve Witkoff ha confermato l’impegno degli Usa affinché tutti i corpi vengano restituiti: «Non ci arrenderemo finché non torneranno tutti a casa. Sono fiducioso che ciò avverrà», ha affermato durante un evento al Museo dell’Olocausto di Washington. Witkoff ha inoltre attribuito a Trump un ruolo centrale nella recente tregua, ricordando che, nei colloqui tenutisi a Sharm el-Sheikh, i mediatori sono riusciti a convincere Hamas che trattenere gli ostaggi non era più un vantaggio strategico.

Azioni turche bloccate e incertezza sulla fase successiva

La Turchia ha inviato una squadra composta da 81 esperti — appartenenti all’Afad, l’agenzia turca per la gestione delle emergenze — con il compito di localizzare i resti di ostaggi e agevolare il recupero dei corpi. La missione avrebbe dovuto includere anche supporto umanitario e la protezione del cessate il fuoco, e lo stesso Ankara ha annunciato che le forze armate turche sono pronte a partecipare a una task force multinazionale con Stati Uniti, Israele, Egitto, Qatar e Croce Rossa. Ma Israele ha bloccato l’ingresso della squadra turca nella Striscia, lasciando gli esperti in transito in Egitto in attesa che la situazione si sblocchi. Le autorità israeliane sostengono che non è ancora stata autorizzata la partecipazione di tale squadra né il loro ingresso, nonostante in precedenza fosse stato assicurato un via libera per l’operazione in seno al comitato congiunto per il recupero dei corpi. Parallelamente, Israele ha avviato la demarcazione di una “linea gialla” all’interno di Gaza, una nuova linea di riferimento per segnalare l’area sotto controllo militare. Il ministro della Difesa Israel Katz ha dichiarato che paletti e segnali saranno installati per rendere chiara la zona controllata e che ogni tentativo di violazione sarà respinto con il fuoco.

Richieste di Hamas ai mediatori

Le condizioni umanitarie restano drammatiche. L’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, Unrwa, denuncia di non essere ancora autorizzata da Israele a far entrare aiuti nella Striscia, nonostante fornisca servizi essenziali all’interno di Gaza con il personale rimasto sul posto. Jonathan Flower, portavoce dell’agenzia, riferisce che da marzo l’entrata di nuovi rifornimenti è impedita, ma che lo staff continua a operare per mantenere infrastrutture sanitarie e servizi minimi. Dopo il blocco al valico di Kerem Shalom, Hamas ha chiesto ai mediatori (Egitto, Qatar e Turchia) di attivarsi per attuare tutte le clausole residue dell’accordo di cessate il fuoco: apertura del confine di Rafah in entrambe le direzioni, accelerazione all’ingresso di aiuti umanitari, avvio della ricostruzione, e istituzione del comitato di sostegno comunitario per la gestione della Striscia. Il gruppo palestinese ha anche sollecitato l’attivazione di meccanismi di giustizia internazionale contro chi ha commesso crimini di guerra contro i civili palestinesi. Da parte israeliana, però, il rifiuto di consentire l’ingresso del team turco e l’ostruzionismo nelle procedure di restituzione aumentano i rischi di sbriciolamento dell’intesa. Se Hamas non consegnerà presto gli ultimi corpi, Israele ha già minacciato di riprendere le operazioni militari. Il terreno resta scosso — e il destino dell’accordo di tregua, fragile come mai, dipende ora da atti concreti nei prossimi giorni.

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