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Elezione dei sindaci col 40%: semplificazione apparente, rischio reale di svuotare la democrazia locale

lunedì, 13 Ottobre 2025
1 minuto di lettura

La riforma contenuta nel Disegno di legge n. 1451, ora all’esame del Senato, promette “semplificazione” per l’elezione dei sindaci nei Comuni sopra i 15.000 abitanti. In realtà, si tratta di una modifica pericolosa, che smonta un modello democratico collaudato e ben funzionante da oltre trent’anni. L’iniziativa, presentata da esponenti di centrodestra – Malan, Romeo, Gasparri e Biancofiore – mira a ridurre la soglia di elezione al 40%, abolire il ballottaggio, assegnare automaticamente il 60% dei seggi al vincitore e sopprimere il voto disgiunto.

Come giurista e come uomo di destra, credo che lo Stato debba essere autorevole, non autoritario. Le istituzioni locali funzionano quando sono legittimate, non quando vengono manipolate per obiettivi contingenti. Il modello del doppio turno, introdotto nel 1993, ha garantito stabilità, partecipazione e responsabilità diretta. Non esiste alcuna urgenza democratica o gestionale che giustifichi un simile stravolgimento.

Un sindaco eletto col 40% governerà con la minoranza dei consensi. È accettabile in una democrazia rappresentativa? No. È un passo verso un sistema plebiscitario che concentra il potere in capo a un solo individuo, spesso senza il necessario sostegno popolare. La logica del ballottaggio, per quanto possa sembrare un rallentamento del processo elettorale, serve a costruire consenso, a unire, non a dividere.

Ancora più grave è l’eliminazione del voto disgiunto, una libertà elettorale che ha valorizzato l’autonomia degli elettori e la vitalità delle liste civiche. Togliere questa possibilità significa imporre schieramenti rigidi e soffocare ogni forma di partecipazione fuori dalle logiche di partito.

Capisco – e condivido – l’esigenza di rendere più efficiente la macchina amministrativa. Ma questo non si ottiene indebolendo la rappresentanza. Il buon governo nasce dalla forza del mandato popolare, non da escamotage numerici che premiano il vincitore al primo turno con premi maggioritari sproporzionati.

Il centrodestra ha l’occasione di mostrare maturità istituzionale. Semplificare non può significare semplificare la democrazia fino a deformarla. Il Parlamento rifletta con serietà. Le regole del gioco non si cambiano per convenienza politica.

Chi ama la governabilità vera, deve anche difendere le istituzioni dalla tentazione della scorciatoia. Il sistema dei Comuni ha dimostrato di saper funzionare: non buttiamo via un modello che ha fatto scuola, in Italia e all’estero.

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