È cominciato in Israele il trasferimento dei detenuti palestinesi che verranno rilasciati nell’ambito dell’accordo mediato dagli Stati Uniti tra Israele e Hamas. Secondo Ynet, quasi duemila prigionieri – tra cui 250 ergastolani e 1.700 gazawi arrestati dopo gli attentati del 7 ottobre – vengono spostati da cinque diverse carceri verso due strutture dalle quali saranno liberati. Parallelamente, a Gaza, i miliziani di Hamas starebbero radunando gli ostaggi israeliani che saranno liberati entro lunedì. “Gli ostaggi torneranno a casa lunedì. Hamas li sta radunando in questo momento”, ha dichiarato il presidente americano Donald Trump, che ha confermato il suo imminente viaggio in Israele e in Egitto e la volontà di parlare alla Knesset. “Ho fiducia che il cessate il fuoco reggerà. Sono tutti stanchi di combattere”, ha aggiunto. Il rilascio degli ostaggi potrebbe iniziare già nella notte tra domenica e lunedì, secondo fonti citate dalla Cnn. Dei 48 ancora prigionieri, si ritiene che una ventina siano vivi. Nel frattempo, l’Onu ha ricevuto il via libera da Israele per l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza a partire da domenica: circa 170mila tonnellate di beni di prima necessità sono pronte nei Paesi vicini. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, dopo un colloquio con l’omologo statunitense Marco Rubio, ha confermato l’impegno dell’Italia: “Siamo pronti a partecipare con i nostri militari a una missione di pace e sicurezza, e con le nostre imprese a ricostruire Gaza partendo da scuole e ospedali”.
La firma e le incognite
Lunedì pomeriggio a Sharm el-Sheikh si terrà la cerimonia della firma dell’accordo di pace, copresieduta dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi e da Donald Trump. Sono stati invitati i leader di Germania, Francia, Regno Unito, Qatar, Emirati, Giordania, Turchia, Arabia Saudita, Pakistan e Indonesia. L’Italia sarà rappresentata dalla premier Giorgia Meloni. Secondo fonti del Cairo, nella stessa giornata si svolgerà anche un vertice internazionale per definire la fase successiva del “piano Trump”, dedicata alla governance, alla sicurezza e alla ricostruzione della Striscia.
Intanto, circa 200mila palestinesi sono tornati ieri verso le proprie case nella parte settentrionale della Striscia, approfittando della tregua. “Torniamo alle rovine, ma siamo felici”, ha detto un uomo a France Presse. Tuttavia, come ha raccontato un residente di Khan Younis a Reuters, “i danni sono immensi e quasi tutto è inabitabile”.
Sul futuro di Hamas resta però un nodo aperto: un dirigente del movimento, Bassem Naim, ha dichiarato a Sky News che non ci sarà un disarmo completo, ma le armi saranno consegnate “all’esercito di uno Stato palestinese che includerà i membri dell’organizzazione”.