Il governo talebano dell’Afghanistan ha accusato il Pakistan di aver violato la propria sovranità con una serie di bombardamenti nella provincia di Paktika e nella capitale Kabul, dove il 9 ottobre si sono verificate due esplosioni non rivendicate. “Un atto odioso e senza precedenti”, ha dichiarato il ministero della Difesa afghano, denunciando la violazione dello spazio aereo e il bombardamento di negozi civili lungo il confine orientale. La tensione tra Islamabad e Kabul è in crescita da mesi, alimentata dalla presenza del gruppo Tehrik-e-Taliban Pakistan (TTP) in territorio afghano. Il Pakistan sostiene che i militanti del TTP, responsabili di numerosi attacchi contro le forze di sicurezza pakistane, trovino rifugio oltreconfine. L’ultimo raid, secondo fonti militari, mirava a eliminare il leader del TTP, Noor Wali Mehsud. In questo clima di scontro, l’India ha compiuto un passo diplomatico senza precedenti: ha riaperto la propria ambasciata a Kabul e accolto il ministro degli Esteri talebano Amir Khan Muttaqi per una visita ufficiale di sei giorni. Il gesto è stato interpretato come un segnale di apertura verso il regime islamista, nonostante le riserve internazionali. L’India, storicamente vicina al governo afghano precedente, sembra ora voler consolidare la propria influenza nella regione, anche in funzione anti-pakistana. Secondo analisti asiatici, il riavvicinamento tra Nuova Delhi e Kabul potrebbe ridefinire gli equilibri geopolitici dell’Asia meridionale. Mentre la Cina mantiene una posizione ambigua e gli Stati Uniti si tengono a distanza, l’India punta a rafforzare la propria presenza strategica, sfruttando le fratture tra i due Paesi confinanti. Il portavoce talebano Zabihullah Mujahid ha definito l’intesa con l’India “costruttiva e rispettosa”, sottolineando che “l’Afghanistan non sarà mai più terreno di guerra per potenze straniere”.
