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“Un piccolo libro con grandi messaggi”: Civita Di Russo racconta il successo di Indomita

sabato, 11 Ottobre 2025
4 minuti di lettura

Il 7 ottobre, presso il Centro Studi Americani di Roma, l’avvocata penalista Civita Di Russo ha presentato il suo libro “Indomita. La mia battaglia contro le mafie”, edito da Castelvecchi In questa intervista, l’autrice parla del pubblico, del significato dell’opera e delle sorprendenti vendite che ne stanno accompagnando il percorso.

Alla sua presentazione, il Centro Studi Americani era pieno: che impressione le ha fatto il pubblico? Si aspettava un tale interesse per Indomita?

Io ci ho creduto molto in questa narrazione che ho fatto con il mio libro Indomita. Perché vedevo che, quando nella mia vita raccontavo quello che facevo, di cosa mi occupavo, c’era sempre interesse da parte degli altri. C’era sempre qualcuno che mi diceva: “Civita, ma perché non scrivi un libro? Tu sì che con la storia della tua vita puoi scrivere un libro”. E in effetti poi, alla fine, ho scritto Indomita. La mia battaglia contro le mafie. È un libro di cui vado molto orgogliosa, un libro che dovevo veramente a me stessa. Dovevo a me stessa il riconoscimento del lavoro e dell’impegno che ho profuso in questa mia attività. Certo, vedere un pubblico che ti segue… più di uno è venuto a rivederla, perché l’avevo già presentata a Formia in anteprima nazionale, e sono tornati perché la storia appassionava molto. Ogni presentazione, però, non è mai uguale a un’altra. Devo dire che di fronte a tutta questa gente — c’erano oltre 100 persone — vedere tutte queste persone che in religioso silenzio ascoltano tutto, e che, dopo un’ora e dieci di racconto, restano ancora lì, ferme, perché vorrebbero continuare ad ascoltare, mi ha reso molto felice. Anche l’altra sera è andata così. E poi eravamo insieme: io, la mia amica Valeria D’Onofrio, giornalista, che mi faceva le domande, e l’altra mia amica Assunta Cocomello, sostituto procuratore generale in Cassazione. Tre donne che sono state giovani insieme, partite da Formia, dallo stesso liceo, e arrivate fin qui, con mestieri diversi ma molto simili tra loro. Sono tre lavori in cui c’è sempre la sospensione del giudizio: l’avvocato penalista, come me, che si occupa di collaboratori di giustizia e sospende il proprio giudizio di fronte a certe atrocità; il magistrato, che quando deve scrivere una sentenza lo fa con l’uso del diritto e della legge, non del giudizio personale; e la giornalista, che quando deve scrivere un articolo deve eliminare il giudizio e raccontare i fatti. Ecco, questo tema della sospensione del giudizio è proprio quello che è emerso durante la serata.

La presentazione è sembrata anche un momento di confronto collettivo. C’è stato un intervento o un commento del pubblico che l’ha colpita in modo particolare?

Allora, la verità è che il pubblico non ha fatto domande, perché non lo abbiamo consentito, altrimenti ci si sarebbe dilungati troppo. Però, al termine dell’incontro, avendo visto l’entusiasmo delle persone, abbiamo pensato con la mia amica Valeria D’Onofrio di inserire in futuro anche le domande. Più che le domande, mi hanno colpito i commenti che le persone mi hanno fatto dopo. Mi hanno detto: “Civita, quest’ora ci ha fatto riflettere su diversi temi la giustizia, la legalità, il perdono, la violenza, il diritto alla difesa… temi su cui non si discute più quotidianamente”. In questo libro c’è la parola “mafia”, ma declinata in modo diverso, da un’altra prospettiva. E sono stati proprio questi commenti, più che le domande, a colpirmi: le persone hanno reagito a quello che ho detto della mia esperienza, della mia conoscenza di queste persone, dei miei rapporti con loro e con le loro famiglie. Io, Civita Di Russo, avvocato penalista, non ho mai giustificato queste persone né le loro azioni, mai e poi mai. Però, nel momento in cui hanno fatto una scelta — una scelta di campo — sono stata vicina a quella scelta, perché serviva a loro e serviva allo Stato.

A proposito di questi commenti e delle riflessioni che ha suscitato, crede che sia questa la chiave del successo di Indomita? O meglio, il successo del libro rientra, secondo lei, in una tendenza del “libro civile” di impegno, oppure risponde a un bisogno più personale del lettore?

Direi entrambe le cose. L’impegno civile a cui richiama la protagonista c’è, assolutamente. Io parlo di “etica della responsabilità”: tutti dobbiamo averla. E poi ci sono i temi che scuotono le coscienze, e ognuno reagisce a modo suo. È un libro che fa riflettere: torni a casa dopo aver trascorso un bel pomeriggio pensando a temi su cui non ti soffermi spesso, e te ne vai pieno, con una pienezza di spirito, indubbiamente.

E dal punto di vista delle vendite?

Il libro sta andando bene. L’altra sera, su 120 persone presenti, abbiamo venduto 50 copie: quasi la metà. Di solito, in una presentazione, compra un libro il 10-15% dei presenti.

Oggi ho registrato una puntata con Marzullo, Tutti i libri: c’erano quattro autori, e la critica letteraria ha detto di Indomita: “È un libro che io regalerò volentieri”. Questa è una grandissima soddisfazione. Perché ognuno, in questo libro, può vederci qualcosa di sé, può trovarci risposte a domande che si è posto. È un libro semplice ma non facile: si legge in poco tempo, ma la storia ti rimane dentro, così come i temi di cui parlo.

C’è una domanda che non le è stata posta e che le sarebbe piaciuto che qualcuno le facesse?

No, perché domande finora non ce ne sono state molte, ma spero di introdurle, come dicevo prima. Non c’è una domanda che mi è mancata, perché, se c’è un argomento su cui voglio parlare e nessuno me lo chiede, io trovo sempre il modo di inserirlo. Non rifuggo mai né le domande né le situazioni della vita: le affronto sempre di petto. Se una cosa mi piace e la ritengo giusta, sono io stessa a prestare il fianco. Cerco sempre di essere molto chiara su tutto, e sono contenta così. Alla fine di questa intervista voglio dire che sono felice di aver fatto una cosa bella: scrivere e narrare la storia di questa donna — prima ragazza, poi giovane donna, poi professionista. È una bella storia, una storia di persone, di personalità incontrate, un racconto sugli ultimi, uno spaccato del mondo criminale. Un piccolo libro, ma con grandi messaggi e tante sfaccettature.

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