Pechino ha annunciato un nuovo giro di vite sull’export di terre rare, puntando direttamente alle applicazioni militari e alla produzione di chip avanzati. La mossa, formalizzata il 7 ottobre dal Ministero del Commercio cinese, impone controlli più severi sull’esportazione di gallio, germanio e altri materiali strategici, con l’obiettivo dichiarato di “tutelare la sicurezza nazionale e gli interessi fondamentali del Paese”. Le terre rare, un gruppo di 17 elementi chimici essenziali per tecnologie avanzate, sono da anni al centro delle tensioni geopolitiche tra Cina e Stati Uniti. Pechino controlla oltre il 60% della produzione globale e quasi il 90% della raffinazione, rendendo il resto del mondo fortemente dipendente. Le nuove misure colpiscono in particolare le leghe utilizzate nei radar, nei sistemi di guida missilistica e nei chip per l’intelligenza artificiale, settori in cui Washington ha recentemente rafforzato le restrizioni contro le aziende cinesi. Secondo analisti internazionali, il provvedimento rappresenta una risposta indiretta alle sanzioni occidentali e potrebbe rallentare la produzione di semiconduttori in Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti. Le aziende dovranno ora ottenere licenze specifiche per esportare o importare questi materiali, con tempi di approvazione che potrebbero superare i 90 giorni. La stretta arriva in un momento di crescente competizione tecnologica e militare, e rischia di innescare nuove tensioni commerciali. Mentre Washington valuta contromisure, Bruxelles ha espresso “preoccupazione per la stabilità delle catene di approvvigionamento”. Intanto, il mercato globale dei chip guarda con apprensione a una possibile escalation. La Cina, con questa mossa, riafferma il controllo su una leva strategica cruciale. E il mondo, ancora una volta, si scopre vulnerabile.
