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Darfur, giustizia dopo vent’anni: la CPI condanna l’ex leader miliziano sudanese per crimini di guerra

martedì, 7 Ottobre 2025
1 minuto di lettura

La Corte Penale Internazionale (CPI) ha dichiarato colpevole Ali Kushayb, ex comandante delle milizie janjaweed, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi durante il conflitto in Darfur tra il 2003 e il 2004. La sentenza, pronunciata oggi all’Aia, rappresenta una svolta storica per le vittime del genocidio sudanese, dopo oltre due decenni di attesa e impunità. Kushayb, 68 anni, è stato riconosciuto responsabile di 31 capi d’accusa, tra cui omicidio, stupro, tortura e persecuzione etnica. Secondo i giudici, ha diretto personalmente attacchi contro villaggi di etnia fur, orchestrando massacri sistematici e deportazioni forzate. Le testimonianze raccolte durante il processo hanno dipinto un quadro agghiacciante: bambini bruciati vivi, donne violentate in pubblico, uomini giustiziati sommariamente. “Questa sentenza è un passo cruciale verso la giustizia per il popolo del Darfur,” ha dichiarato Karim Khan, procuratore capo della CPI. “Ma è anche un messaggio chiaro: i crimini contro l’umanità non resteranno impuniti, indipendentemente dal tempo trascorso.” Ali Kushayb era stato arrestato nel 2020 nella Repubblica Centrafricana, dopo anni di latitanza protetta da ambienti militari sudanesi. Il suo processo ha riacceso l’attenzione internazionale sul Darfur, dove le tensioni etniche e le violenze non sono mai del tutto cessate. Secondo Human Rights Watch, oltre 300.000 persone sono morte nel conflitto, e milioni vivono ancora in campi profughi. La condanna di Kushayb potrebbe aprire la strada a nuovi procedimenti contro altri ex leader, incluso l’ex presidente Omar al-Bashir, anch’egli incriminato dalla CPI ma mai consegnato. Il governo di Khartoum, oggi guidato da una giunta militare, ha finora evitato commenti ufficiali. Per le vittime, però, la giornata di oggi è già una vittoria. “Abbiamo atteso vent’anni. Ora il mondo ci ha ascoltati,” ha detto Aisha Musa, sopravvissuta al massacro di Mukjar.

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