Il rinnovo del contratto collettivo per il comparto delle Funzioni Locali entra finalmente nel vivo, dopo mesi di stallo e promesse. I riflettori tornano su chi lavora ogni giorno negli uffici di Comuni, Province, Regioni e Camere di commercio, spesso con stipendi fermi da anni e mansioni crescenti. E ora, tra spiragli di apertura e vincoli di bilancio, sembra delinearsi un percorso di riconoscimento economico che potrebbe portare buste paga più pesanti e maggiori tutele.
Al centro del confronto rimane il rinnovo del CCNL per il triennio 2022-2024, su cui pesa il mancato accordo tra Governo e sindacati. CGIL e UIL, che rappresentano la maggioranza nel comparto, chiedono aumenti in linea con l’inflazione reale – oltre il 14% – mentre l’Esecutivo si ferma a un’offerta del 6%, ritenuta largamente insufficiente. Colmare completamente il gap costerebbe allo Stato circa 32 miliardi, una cifra che il ministro dell’Economia Giorgetti ha definito insostenibile.
La possibile svolta potrebbe arrivare con il prossimo triennio contrattuale (2025-2027), per il quale le risorse sono già state stanziate. Il tavolo negoziale sarà convocato dopo il 4 novembre, una volta certificata la rappresentatività sindacale. In ballo, non solo un aumento progressivo in busta paga (190 euro nel 2025, 230 nel 2026, 280 a regime nel 2027), ma anche il riconoscimento di arretrati fino a 2.500 euro per i dipendenti del precedente triennio.
Una delle misure più interessanti è il fondo di perequazione, proposto dal ministro Zangrillo e sostenuto da Giorgetti, che dovrebbe stanziare tra i 100 e i 150 milioni di euro per sostenere gli enti locali in difficoltà. L’obiettivo è garantire maggiore equità tra chi lavora al centro e chi opera nella periferia dello Stato, rafforzando il salario accessorio nei territori dove il costo della vita è più alto.
Questa proposta – come ha riconosciuto anche la CISL – segna un cambio di passo dopo anni di blocchi e rigidità. Rappresenta un primo segnale concreto per colmare il divario retributivo che penalizza chi è più vicino ai cittadini, in trincea nei servizi pubblici locali.
Ma la partita non è chiusa. Le sigle sindacali chiedono che tutte le risorse già previste fino al 2027 vengano sbloccate ora. In caso contrario, il rischio è di ritardare ancora un adeguamento che i lavoratori attendono da troppo tempo.
Il Governo deve ora dimostrare coerenza: se davvero si crede nella centralità della pubblica amministrazione, è tempo di investire in chi la fa funzionare ogni giorno.