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L’immigrazione clandestina inquina l’economia

sabato, 4 Ottobre 2025
4 minuti di lettura

Sono un cattolico che si ispira alla Dottrina sociale della chiesa per cui il mio giudizio sul fenomeno dell’immigrazione si è formato sulla base dei principi fondanti di questo magistero: la centralità della persona, la dignità del lavoro, la legalità ed il rispetto delle regole. Per questo, da un canto, condivido la politica del governo italiano nei confronti del fenomeno dell’immigrazione clandestina, anche per quanto riguarda il centro di accoglienza degli irregolari in Albania. E questo perché gli sbarchi in Italia continuano a diminuire. Infatti per il secondo anno consecutivo, gli arrivi di migranti sono più che dimezzati rispetto al picco di oltre 100 mila raggiunto nel 2023 e 2022. “Un calo drastico, – dice Giorgia Meloni – che dimostra che il fenomeno può essere controllato”… “superando un approccio ideologico”.

Dall’altro canto, nutro delle perplessità circa altri aspetti di questa politica.

Come noto il tribunale di Torino ha condannato l’Ufficio Immigrazione della Questura di Torino per «discriminazione» e «colpevole inefficienza» nei confronti di 18 richiedenti asilo. Secondo il giudice Andrea Natale, la questura è colpevole di aver imposto loro “mortificanti condizioni”. Una parte della motivazione è chiaramente ispirata da motivi ideologici quando si parla addirittura di “criteri oscuri“. Ma sta di fatto che il problema esiste anche in altre città, ove spesso gli stranieri sono costretti a ore di attesa, in lunghe file che si snodano anche all’esterno degli uffici per metri e metri, come si può vedere in certi giorni: donne con bambini in braccio gettate sui marciapiedi da notte fonda, al freddo d’inverno, sotto il sole cocente d’estate.

Ovunque la violazione dei diritti delle persone migranti viene giustificata dalla scarsità di risorse addette al disbrigo di questo tipo di pratiche o della difficoltà di organizzazione degli uffici. Questo però non giustifica spettacoli come quelli che abbiamo visto di persona anche in altre questure. E’ indubitabile che in queste situazioni venga violato il diritto alla dignità della persona indipendentemente che sia italiano o straniero.

La verità è che nel nostro Paese si devono aspettare mesi solo per ottenere un appuntamento per riuscire a presentare una pratica per un permesso. Cosi passano mesi e mesi e migliaia di immigrati si trovano a vagare nelle nostre città senza lavoro e senza fissa dimora, creando quell’area grigia di irregolarità che può sfociare in vera e propria delinquenza.

Questo lungo iter, cui si è sottoposti, scoraggerebbe qualsiasi imprenditore ad assumere un extracomunitario. La conseguenza più evidente di questa situazione è ,innanzitutto, quella del fenomeno del caporalato.

In Italia varie inchieste sono state avviate su questo fenomeno: da Verona a Livorno, ad esempio, da Latina a Bologna. In un’azienda della provincia di Lodi, ad esempio, oltre mille lavoratori sarebbero stati sottoposti a orari di lavoro esasperanti, fino a 500 ore al mese, per pochi euro al giorno, con turni mensili doppi, senza ferie, permessi e riposi. Si va diffondendo anche un nuovo tipo di caporalato “digitale” nei cantieri edili milanesi per intermediazione illecita del lavoro. A Bologna, inoltre, esiste una sorta di “caporalato delle badanti”; i caporali fornivano badanti alle famiglie che ne facevano richiesta pubblicando annunci sui social network. Le lavoratrici, quasi sempre straniere e senza formazione specifica, venivano gestite dai caporali, che le accompagnavano persino sul luogo di lavoro: i contratti sottoscritti dalle badanti spesso prevedevano lavori h24 per sette giorni. Casi simili sono stati rilevati in Emilia- Romagna ed a Firenze, tra Modena e Bologna in tanti cantieri, circa il 60% dei manovali sono immigrati: marocchini, tunisini, pakistani, moldavi, albanesi, che vengono pagati con misere paghe sotto intimidazioni e ricatti.

Ma potremmo continuare all’infinito, perché quasi la metà dei lavoratori sono irregolari, più di un’azienda su due non è a norma. E’ il quadro emerso dai controlli congiunti effettuati nel settore agricolo da Inps, carabinieri e Ispettorato del lavoro nelle provincie di Mantova, Modena, Caserta e Foggia, tutti territori ad alta densità di braccianti. Lavoro nero e soprusi continuano a essere la vergognosa normalità in molte campagne italiane.

Ma questa situazione coinvolge non solo l’agricoltura ma anche l’edilizia, il tessile, la logistica. Ed è presente su tutto il territorio nazionale: più della metà delle aree di caporalato diffuso sono allocate nel Nord Italia ed in particolare nel Nord est, segue il Sud, il centro e le isole. Sebbene la maggior parte degli imprenditori, che sono persone oneste, non ricorra a queste forme di sfruttamento dei lavoratori più vulnerabili resta nel nostro Paese un fenomeno che può e deve essere estirpato, perché si tratta addirittura di un sistema strutturale in pezzi rilevanti dell’economia italiana.

Il 25 settembre del 2024, nell’audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia del procuratore della Repubblica di Latina, in materia di caporalato in quella provincia, il Dottor Giuseppe Falco sottolineava l’estrema ritrosia da parte dei lavoratori sfruttati a denunciare le situazioni di cui sono vittime, in quanto…“Si tratta in gran parte di lavoratori privi del permesso di soggiorno, quindi in situazione di irregolarità”… e metteva in evidenza che …“la dimensione complessiva del fenomeno criminale è rilevante. Proprio con riferimento alle modalità di ingresso in Italia di questi lavoratori”… “Parlo, per esempio, della necessità di far figurare contratti di lavoro fittizi, di far figurare rapporti locativi fittizi, perché chiaramente chi vuole munirsi del permesso di soggiorno deve dimostrare una situazione che sia di regolarità”… “Quindi subiscono condizioni di sfruttamento riconducibili, alla figura del caporalato”… “A questo si aggiunge la estrema difficoltà, per carenza di uomini e mezzi, di operare su vasta scala ispezioni di carattere amministrativo, quindi prima e a prescindere dall’acquisizione delle notizie di reato”…

Alla luce di queste situazioni gli imprenditori cattolici chiedono al governo, che ispira la sua azione alla tutela della centralità della persona ed alla difesa della dignità del lavoro, interventi e provvedimenti urgenti volti ad incrementare gli organici delle questure addetti a questo tipo di pratiche ed a snellire le procedure attuali lunghe e defaticanti, limitando quanto più possibile gli adempimenti. Ed in particolare per la verità lo sta già facendo il Presidente del consiglio, varando il recente Dpcm con la programmazione 2026-2028 degli ingressi in Italia di lavoratori stranieri, che prevede tra l’altro fuori quota di alcune categorie di lavoratori.

Riccardo Pedrizzi

Riccardo Pedrizzi

Presidente Nazionale del CTS dell'UCID

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