Un silenzio digitale avvolge l’Afghanistan. Il governo talebano ha ordinato il blocco totale della rete internet in tutto il Paese, una misura senza precedenti che segna un nuovo capitolo nella repressione delle libertà civili. Secondo fonti locali, la connettività nazionale è scesa sotto l’1% rispetto ai livelli normali, con la fibra ottica disattivata “fino a nuovo avviso” su ordine diretto del leader supremo Haibatullah Akhundzada. La giustificazione ufficiale è la lotta contro “vizi e corruzione morale” veicolati dalla rete. Ma dietro la retorica religiosa si cela una strategia di isolamento: impedire l’accesso all’informazione, ostacolare la comunicazione con l’estero e soffocare ogni forma di dissenso. Le province di Kandahar, Helmand, Balkh e Nangarhar sono tra le prime ad aver subito il blackout, ma il provvedimento è stato esteso rapidamente a livello nazionale. Le conseguenze sono drammatiche. Le attività commerciali, i servizi bancari e le dogane sono paralizzati. Le università e le ONG che operano online sono state costrette a sospendere le attività. Per le donne, già escluse dall’istruzione formale, il taglio della rete rappresenta la fine di ogni possibilità di studio a distanza. “Se non rispondiamo alle email dei clienti, perdiamo tutto,” ha dichiarato un imprenditore di Kandahar. E mentre le autorità promettono “soluzioni alternative”, la realtà è che il Paese rischia un isolamento tecnologico che lo riporta indietro di decenni. La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione. Ma per ora, il segnale è chiaro: i talebani vogliono un Afghanistan scollegato dal mondo — e sempre più sotto controllo.
