Il Regno Unito ha registrato il più alto numero di arrivi migratori via mare della sua storia. Secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Interno, oltre 30.000 persone hanno attraversato la Manica dall’inizio dell’anno, con un picco nelle ultime settimane che ha messo sotto pressione le autorità di frontiera. A preoccupare non è solo il numero, ma la natura dei mezzi utilizzati: le imbarcazioni sono sempre più grandi, spesso costruite su misura per trasportare decine di persone in un’unica traversata. Le autorità britanniche parlano di un “salto di scala” nelle operazioni dei trafficanti, che sembrano aver affinato logistica e coordinamento, sfruttando le condizioni meteo favorevoli e le falle nei controlli francesi. Il governo ha ribadito la linea dura: “Non possiamo tollerare questo livello di immigrazione illegale,” ha dichiarato il ministro dell’Interno, annunciando nuove misure di contenimento, tra cui l’impiego di droni, pattuglie navali e accordi bilaterali con Parigi per rafforzare la sorveglianza. Le ONG, tuttavia, denunciano una crisi umanitaria in crescita. Molti dei migranti arrivano da zone di conflitto come Sudan, Siria e Afghanistan, e affrontano il viaggio in condizioni estreme. “Dietro ogni barca c’è una storia di disperazione,” ha dichiarato un volontario di Calais. “Non si può rispondere solo con i respingimenti.” Il dibattito politico si infiamma, con l’opposizione che accusa il governo di fallimento nella gestione dei flussi e di mancanza di una strategia a lungo termine. Intanto, nei centri di accoglienza del Kent, la situazione è al limite: sovraffollamento, carenza di personale e tensioni crescenti. Il Regno Unito si trova così di fronte a una sfida complessa, che intreccia sicurezza, diritti umani e relazioni internazionali. E mentre le barche continuano ad arrivare, il Paese cerca una risposta che sia al tempo stesso efficace e giusta.
