La 80ª Assemblea generale dell’Onu si è trasformata in un banco di prova per la guerra in Ucraina, tra richiami alla deterrenza, segnali (ancora incerti) di diplomazia e nuovi episodi sul terreno e nei cieli d’Europa. Dal podio di New York, Volodymyr Zelensky ha dipinto un ordine internazionale «al collasso», con istituzioni «deboli» e una realtà «disgustosa» in cui la sicurezza «dipende da armi e alleati, non dal diritto». Ha chiesto di «fermare l’aggressore» con «pressione e forniture militari», avvertendo che l’invasione russa ha innescato «la corsa agli armamenti più distruttiva della storia», accelerata dall’uso militare dell’intelligenza artificiale. Nel bilancio dei rapporti con Washington, ha definito «positivo» l’incontro di ieri con Donald Trump, ma ha sollecitato tutti i Paesi a interrompere gli acquisti di idrocarburi russi: «Il sostegno attuale non è sufficiente».
Nel suo intervento, il presidente ucraino ha ricordato l’attivista conservatore statunitense Charlie Kirk e la rifugiata Iryna Zarutska, uccisa a coltellate su un treno in North Carolina, denunciando «indifferenza» e «impunità» come facce dello stesso smarrimento dell’ordine internazionale. Intanto al Consiglio di Sicurezza, il segretario di Stato Usa Marco Rubio ha spiegato che il presidente sta evitando per ora sanzioni secondarie «nella speranza di favorire una conclusione negoziata», ma «la sua pazienza non è infinita». La guerra, ha ribadito, «finirà al tavolo»; in caso contrario, «gli strumenti per misure ulteriori» sono pronti. Da Mosca il portavoce Dmitri Peskov ha liquidato come «falsa» l’idea che Kiev possa recuperare terre occupate: «La dinamica al fronte mostra che le nostre truppe avanzano con sicurezza». Sull’economia ha rivendicato la capacità russa di «soddisfare pienamente le esigenze militari» nonostante le sanzioni. In risposta a Trump («Russia tigre di carta»), il Cremlino ha replicato: «La Russia è un orso, non esistono orsi di carta». Più caustico l’ex presidente Dmitri Medvedev, che ha ironizzato sul «cambio di linea» di Trump, prevedendo nuove oscillazioni. A fine giornata, il perimetro è chiaro: da un lato la richiesta di più armi, più pressione e più difese in Europa; dall’altro, la convinzione americana che senza un percorso negoziale la guerra non si chiuderà. Nel mezzo, il Cremlino che rivendica avanzate e resilienza economica, e un’Unione Europea chiamata a blindare l’appoggio a Kiev su finanze ed energia. Sullo sfondo, i cieli del continente – da Copenaghen al Baltico – ricordano che la linea rossa della sicurezza si avvicina sempre di più.
Incursioni nei cieli d’Europa
Prosegue l’indagine sul sorvolo di droni a Copenaghen, mentre in Germania il ministro della Difesa Boris Pistorius ha denunciato il passaggio di un caccia russo su una fregata tedesca nel Baltico: episodi che, insieme alle violazioni su Polonia ed Estonia, «dimostrano test dei confini Nato sempre più frequenti». Kiev ha riferito di 152 droni d’attacco lanciati nella notte dalla Russia, 126 intercettati; colpiti Kharkiv, Kramatorsk e il distretto di Nikopol, con feriti. Sul fronte opposto, fonti ucraine parlano di droni sulla complessa petrolchimica Gazprom Neftekhim-Salavat nel Bashkortostan: incendi e danni in valutazione, confermati dalle autorità regionali russe. In questo quadro è approdato alla Verchovna Rada un disegno di legge che autorizzerebbe l’invio di reparti ucraini in Polonia per la difesa aerea contro i droni, su richiesta di Varsavia. Zelensky ha inoltre avvertito l’Europa: «Non può permettersi di perdere la Moldavia all’influenza russa. Il prezzo sarebbe molto più alto».
Indipendenza energetica
L’Ue prepara un nuovo pacchetto di sostegno finanziario. «Resta la nostra assoluta priorità» ha detto Stephanie Lose, presidente di turno del Consiglio, indicando necessità di aiuti anche nel 2026-2027. Dal Baltico il presidente lettone Edgars Rinkēvičs ha legato l’indipendenza energetica da Mosca alla «volontà politica», invitando i partner – «in particolare Ungheria e Slovacchia» – a seguire l’esempio di Riga. A New York, Antonio Tajani ha ribadito la linea italiana: «Con Kiev per una pace giusta e duratura. Non siamo in guerra con la Russia: vogliamo portarla al tavolo». Sostegno, quindi, agli sforzi diplomatici di Trump e invito a Mosca a dare seguito al vertice in Alaska con «negoziati diretti con l’Ucraina».