All’apertura dell’80ª Assemblea generale delle Nazioni Unite, il segretario generale Antonio Guterres ha denunciato con parole durissime la situazione a Gaza: “Gli orrori hanno raggiunto un livello mostruoso, frutto di decisioni che calpestano i diritti umani di base. La dimensione della morte e della distruzione supera qualunque conflitto abbia visto negli anni del mio mandato”. Guterres ha chiesto alla Corte Internazionale di Giustizia di applicare la Convenzione contro il genocidio nella Striscia e ha ribadito che “senza la soluzione dei due Stati non ci sarà pace in Medio Oriente, ma prevarranno estremismo e radicalismo”. Nel suo discorso d’apertura, il segretario generale ha anche lanciato un monito più ampio: “I principi dell’Onu sono sotto assedio. Senza istituzioni multilaterali efficaci la multipolarità conduce al caos, come l’Europa ha imparato a sue spese con la Prima guerra mondiale”. Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato che Parigi riconosce ufficialmente lo Stato di Palestina, sottolineando che si tratta di un passo necessario per la pace. L’Arabia Saudita ha invitato tutti i Paesi a compiere lo stesso gesto, avvertendo che “qualsiasi forma di annessione della Cisgiordania è una linea rossa”. Dal canto suo, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato: “È giunto il momento della piena adesione della Palestina alle Nazioni Unite”, chiedendo anche un rafforzamento dell’Unrwa e la fine immediata delle operazioni israeliane a Gaza. Erdogan ha ribadito che “Hamas non è un’organizzazione terrorista, ma un movimento di resistenza”, accusando Israele di “genocidio” sotto la guida del premier Benjamin Netanyahu.Anche la Russia ha rivendicato di aver riconosciuto da tempo lo Stato palestinese, “senza aspettare i 65 mila morti” provocati dalla guerra in corso. Israele, invece, ha scelto di non partecipare alla riunione del Consiglio di Sicurezza su Gaza, convocata proprio durante la festività ebraica di Rosh Hashanah. L’ambasciatore Danny Danon ha parlato di “ennesima prova dell’ipocrisia delle Nazioni Unite”. Da parte sua il presidente americano Donald Trump ha rivendicato di aver “messo fine a sette guerre in sette mesi”, lamentando però di non aver mai ricevuto ringraziamenti dalle Nazioni Unite, che a suo dire preferiscono “parole vuote che non risolvono i conflitti”. Con il consueto tono polemico, ha ironizzato su un teleprompter guasto e una scala mobile ferma, per poi avvertire che riconoscere ora lo Stato di Palestina equivarrebbe a “premiare Hamas”.
Tajani: “Due Stati unica via”
L’Italia, pur non avendo ancora riconosciuto formalmente la Palestina, ha ribadito per voce del ministro degli Esteri Antonio Tajani che “la soluzione dei due Stati è l’unica strada praticabile”. Tajani ha chiesto un cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi e il pieno accesso umanitario, ricordando gli aiuti inviati da Roma e le evacuazioni mediche di bambini palestinesi verso ospedali italiani. Ha inoltre condannato tanto gli insediamenti israeliani in Cisgiordania quanto gli attacchi di Hamas contro civili israeliani.
Gaza: 640 mila sfollati
Sul terreno, l’offensiva israeliana avanza. Secondo fonti locali, i tank si trovano ormai a tre chilometri dal centro di Gaza City, lungo la strada Shifa nel quartiere di Rimal. L’Idf stima che circa 640 mila palestinesi abbiano già lasciato la città. Nella notte, almeno 37 persone sono rimaste uccise nei bombardamenti israeliani. L’artiglieria ha colpito i quartieri orientali e meridionali, mentre prosegue l’assedio volto a smantellare le strutture di Hamas. Il governo di Tel Aviv ha inoltre annunciato la chiusura a tempo indeterminato del valico di Allenby, tra Cisgiordania e Giordania, principale punto di ingresso degli aiuti verso Gaza.
Tensione nelle piazze israeliane
Israele ha ribadito che impedirà con ogni mezzo le violazioni del blocco navale a Gaza. Dopo il rifiuto della “flottiglia” di consegnare gli aiuti via Ashkelon, il ministero degli Esteri ha accusato gli attivisti di “servire Hamas invece della popolazione civile”. Intanto, in Israele, la polizia ha disperso con la forza decine di manifestanti davanti alla casa del ministro dell’Istruzione Yoav Kisch, che chiedevano il ritorno degli ostaggi detenuti nella Striscia.
L’offerta di Hamas e l’escalation regionale
Hamas, attraverso canali di mediazione, ha proposto il rilascio di metà degli ostaggi in cambio di una tregua di 60 giorni. Una proposta che incontra lo scetticismo di Israele, determinato a mantenere la pressione militare. La guerra intanto continua a minacciare la stabilità dell’intera regione. Nel Golfo di Aden, al largo dello Yemen, una nave commerciale è stata attaccata ieri mattina. Non ci sono state vittime, ma l’episodio si inserisce nella lunga serie di attacchi attribuiti ai ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran, che hanno sconvolto il traffico marittimo nel Mar Rosso dall’inizio del conflitto.