Una notte di tensione ha paralizzato due dei principali snodi aeroportuali del Nord Europa. Lunedì 22 settembre, intorno alle 20:30, l’aeroporto di Copenaghen ha sospeso tutte le operazioni a seguito dell’avvistamento di tre droni di grandi dimensioni nello spazio aereo circostante. Poche ore dopo, un episodio analogo ha colpito lo scalo di Oslo, costringendo le autorità norvegesi a chiudere temporaneamente anche quel terminal. Il bilancio è pesante: oltre cinquanta voli cancellati e decine di rotte dirottate verso scali alternativi in Danimarca, Norvegia e Svezia. Migliaia i passeggeri bloccati, tra code, ritardi e incertezza. I droni, non abbattuti né intercettati, sono “scomparsi da soli”, ha riferito la polizia danese, che ha avviato un’indagine congiunta con le autorità norvegesi per chiarire l’origine e la natura dei velivoli. Nel frattempo, la vicenda ha assunto una dimensione geopolitica. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, intervenuto su X, ha accusato la Russia di aver violato lo spazio aereo di Paesi membri della NATO, collegando l’episodio al contesto più ampio delle tensioni tra Mosca e l’Occidente. Le autorità danesi e norvegesi, tuttavia, mantengono una linea prudente: nessuna conferma ufficiale sull’identità dei droni, né sull’eventuale matrice ostile. Gli scali hanno riaperto nelle prime ore del mattino, ma i disagi continuano. Le compagnie aeree invitano i passeggeri a monitorare costantemente lo stato dei voli, mentre le autorità aeroportuali rafforzano le misure di sicurezza. L’incidente riaccende il dibattito sulla vulnerabilità delle infrastrutture strategiche europee e sulla necessità di rafforzare le difese contro minacce non convenzionali, in un contesto internazionale sempre più instabile.
