Con un ordine esecutivo firmato il 28 agosto, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ridefinito radicalmente il ruolo della NASA, trasformandola da ente di esplorazione spaziale a “organizzazione con funzione primaria di intelligence, controspionaggio e sicurezza nazionale”. La misura, passata quasi sotto silenzio, ha scatenato reazioni accese nel mondo scientifico e sindacale, segnando una svolta storica nella missione dell’agenzia che portò l’uomo sulla Luna. Il provvedimento, noto come Ordine Esecutivo 14251, esclude la NASA dal Capitolo 71 del Titolo 5 del Codice federale, che garantiva diritti sindacali ai dipendenti pubblici. Circa il 53% della forza lavoro dell’agenzia – oltre 18.000 persone – perde così le tutele collettive, tra cui il diritto di sciopero e la contrattazione. Secondo l’amministrazione, la modifica è necessaria per “coerenza con i requisiti di sicurezza nazionale”. Nel documento non compare alcun riferimento a scienza, ricerca o esplorazione spaziale. Un dettaglio che ha allarmato osservatori come Keith Cowing di NASA Watch, secondo cui “la NASA è ora classificata ufficialmente al pari della CIA o dell’NSA”. La decisione si inserisce in una più ampia riorganizzazione delle agenzie federali, che ha coinvolto anche NOAA e l’Ufficio Brevetti. La reazione sindacale è stata immediata: l’American Federation of Government Employees ha annunciato una battaglia legale, mentre un giudice federale ha già bloccato temporaneamente alcune parti dell’ordine, rilevando possibili violazioni del Primo Emendamento. Da Kennedy a Trump, la NASA ha incarnato l’ambizione americana nello spazio. Ora, sotto la nuova policy, si prepara a diventare il braccio orbitale dell’intelligence nazionale. Un cambio di rotta che potrebbe ridefinire per sempre il confine tra esplorazione e sorveglianza.
