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Mario Draghi

Draghi: “L’inazione minaccia la sovranità dell’Europa”

A Bruxelles, un anno dopo il rapporto sulla competitività, l’ex Premier denuncia il modello di crescita in crisi: investimenti per 1.200 miliardi l’anno, ritardi su IA e energia cara; servono velocità e progetti comuni per non restare indietro
mercoledì, 17 Settembre 2025
3 minuti di lettura

“Il nostro modello di crescita sta svanendo. Le vulnerabilità stanno aumentando. E non esiste un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno”. Non ha usato di certo parole tenere Mario Draghi per ‘denunciare’ uno ‘stato delle cose’ alquanto negativo per quel che riguarda il presente del vecchio continente. Lo ha fatto ieri all’interno del suo intervento alla conferenza ‘Un anno dopo il rapporto Draghi’, organizzata a Bruxelles per fare il punto sulle sfide della competitività europea. L’ex Premier non ha usato giri di parole, ma è andato sùbito al sodo: “Ci è stato dolorosamente ricordato che l’inazione minaccia non solo la nostra competitività, ma la nostra stessa sovranità”.
Draghi ha ripercorso i cambiamenti dell’ultimo anno: “Le basi della crescita europea si sono ulteriormente erose: il commercio mondiale si è contratto, gli Stati Uniti hanno imposto i dazi più alti dai tempi dello Smoot-Hawley Act e la Cina è diventata un concorrente ancora più agguerrito, anche nei nostri mercati interni”.

Il nodo degli investimenti

Le dipendenze pesano sempre di più. Quelle dagli Stati Uniti in materia di difesa e quelle dalla Cina per i materiali critici limitano la capacità dell’Ue di difendere i propri interessi, persino di fronte al sostegno cinese alla Russia: “Il bilancio commerciale della Cina con l’Europa è cresciuto del 20% solo dallo scorso dicembre”. Il fabbisogno stimato di investimenti è esploso: “La Bce calcola che tra il 2025 e il 2031 serviranno quasi 1.200 miliardi di euro all’anno, contro gli 800 miliardi stimati un anno fa”. Una crescita trainata soprattutto dalla difesa, finanziata con risorse pubbliche: “La quota di spesa pubblica è salita dal 24% al 43%. Parliamo di oltre 500 miliardi in più ogni anno”.
Uno scenario che rischia di far lievitare il debito: «Anche senza questa spesa aggiuntiva, il debito pubblico dell’Ue è destinato a salire di 10 punti di Pil nel prossimo decennio, fino al 93%».

L’Europa in ritardo sull’innovazione

Gran parte del discorso è stata dedicata all’Intelligenza Artificiale. «Lo scorso anno gli Stati Uniti hanno prodotto 40 modelli di base, la Cina 15, l’Europa soltanto 3”. Tra le piccole e medie imprese, l’adozione dell’IA resta compresa tra il 13% e il 21%. Nonostante i progetti avviati, come le cinque gigafabbriche di IA in costruzione e la crescita della capacità dei data center, il divario con i concorrenti è evidente: “Nel campo più strategico, quello dell’IA basata su proprietà intellettuale europea per consolidare le nostre industrie, i progressi sono minimi”, ha avvertito.
Altrettanto grave è la questione energetica: I prezzi del gas nell’Ue sono quasi quattro volte più alti che negli Stati Uniti, e quelli dell’elettricità più che doppi. Se questo divario non si riduce, la transizione digitale e verde si bloccherà”.

“Troppo lenta l’Europa

Draghi ha indicato due strade immediate: migliorare il funzionamento dei mercati del gas e disaccoppiare il prezzo dell’elettricità da quello del gas. Ma per il lungo periodo la chiave resta la decarbonizzazione: “L’indipendenza energetica europea richiede più investimenti in rinnovabili, reti, interconnettori e nucleare. Altrimenti, metà della capacità transfrontaliera necessaria entro il 2030 rischia di restare sulla carta”. L’avvertimento di Draghi ha riguardato anche la governance: “I cittadini e le imprese sono frustrati. Ci vedono incapaci di tenere il passo con il cambiamento altrove. E troppo spesso l’inerzia viene presentata come rispetto delle regole. Ma è autocompiacimento”.
L’ex Presidente della Bce ha chiesto poi “nuova velocità, scala e intensità”, indicando tre priorità: rimuovere le barriere alla crescita delle imprese innovative, semplificare la regolamentazione, a partire dal Gdpr e dall’AI Act, e integrare verticalmente l’IA nell’industria europea, trasformando i punti di forza dell’automazione in vantaggi competitivi.

Tre leve per la competitività

Draghi ha poi individuato tre strumenti per rafforzare la capacità europea: coordinamento degli aiuti di Stato, oggi troppo frammentati e spesso usati in chiave nazionale; uso strategico degli appalti pubblici, che rappresentano il 16% del Pil dell’Ue e possono creare mercati per l’innovazione; politiche di concorrenza mirate, capaci di favorire consolidamento e innovazione nei settori strategici, dalla difesa allo spazio.
Alla fine Draghi ha insistito sulla necessità di un cambio di passo politico: “In alcuni ambiti cruciali l’Europa deve iniziare ad agire meno come una confederazione e più come una federazione. Le riforme richiederanno tempo, ma non possiamo permetterci di aspettare. Dobbiamo concentrare risorse e sforzi, anche con progetti comuni finanziati da debito condiviso”.
Il messaggio finale è stato un appello all’unità: “I cittadini europei chiedono ai loro leader di alzare lo sguardo verso il destino comune europeo. Solo l’urgenza della risposta e l’unità d’intenti dimostreranno che siamo pronti ad affrontare tempi straordinari con azioni straordinarie”.

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