“Vergognoso.” È la parola che riecheggia tra le famiglie delle vittime dell’attentato di Pahalgam, dove il 22 aprile scorso 28 civili, per lo più turisti indù, sono stati uccisi da miliziani armati nella valle di Baisaran, nel Kashmir indiano. A pochi giorni dalla partita di cricket tra India e Pakistan, in programma a Dubai per l’Asia Cup 2025, cresce la pressione pubblica per un boicottaggio totale dell’incontro. Il Fronte di Resistenza, gruppo terroristico legato al Lashkar-e-Taiba, aveva inizialmente rivendicato l’attacco, poi ritrattato. Ma per le famiglie delle vittime, il messaggio è chiaro: “Non si può giocare con chi sostiene il terrore,” ha dichiarato il padre di uno dei giovani uccisi. Il governo indiano ha già espulso diplomatici pakistani, sospeso il Trattato delle acque dell’Indo e chiuso le frontiere. La partita, vinta dall’India per 7 wicket, si è svolta in un clima surreale. Mentre i tifosi celebravano la vittoria, fuori dagli stadi si tenevano veglie e proteste. Sui social, l’hashtag #BoycottPakistanMatch ha superato i 12 milioni di condivisioni in 48 ore. Il premier Narendra Modi non ha commentato direttamente, ma fonti vicine al governo parlano di “forte irritazione” per la decisione della federazione di non annullare l’incontro. Il ministro dello Sport ha convocato una riunione straordinaria per valutare l’adesione a futuri tornei con squadre pakistane. Intanto, il dolore delle famiglie si trasforma in mobilitazione. “Non è solo una partita. È una questione di dignità nazionale,” ha detto la vedova di un turista ucciso. E mentre la diplomazia arranca, il campo da cricket diventa il nuovo terreno di scontro.
