Un nuovo murale di Banksy è apparso sul muro esterno della Royal Courts of Justice, nel cuore della capitale britannica, scatenando immediatamente polemiche e riflessioni. L’opera, già rivendicata dall’artista su Instagram, raffigura un giudice in parrucca e toga che colpisce con un martelletto un manifestante steso a terra, il cui cartello bianco è macchiato di sangue. Un’immagine potente, che arriva a pochi giorni dall’arresto di quasi 900 persone durante una protesta in sostegno a Palestine Action. Il gruppo, dichiarato “organizzazione terroristica” dal governo britannico lo scorso luglio, è noto per le sue azioni contro aziende coinvolte nella produzione di armi destinate a Israele. La sua messa al bando ha sollevato un’ondata di critiche da parte di attivisti, giuristi e organizzazioni per i diritti civili, che denunciano un uso sproporzionato delle leggi antiterrorismo per reprimere il dissenso pacifico. Il murale di Banksy, subito coperto da teli neri e transennato dalle autorità, sembra voler denunciare proprio questa deriva autoritaria. Il giudice che abbatte la legge sul corpo del manifestante diventa metafora visiva di una giustizia che punisce anziché proteggere. L’opera è stata fotografata e condivisa da centinaia di passanti prima che venisse oscurata, alimentando un acceso dibattito sui social. Come già accaduto in passato, Banksy usa l’arte per intervenire nel discorso pubblico, trasformando un muro in tribunale in un atto d’accusa. In un Regno Unito sempre più diviso tra sicurezza e libertà, il suo stencil diventa un grido silenzioso contro la criminalizzazione del dissenso. E mentre le autorità tentano di nascondere l’immagine, il messaggio è già virale.
