Tra l’ipotesi di una forza multinazionale post-cessate il fuoco e la minaccia russa di considerarla “nemica”, il punto resta uno: la guerra continua. Zelensky lo riassume con pragmatismo: “Se la pressione aumenterà e le garanzie saranno reali, potremo fermare Mosca. Ma abbiamo bisogno di tutti”. Eppure, alla vigilia del 700° giorno di guerra, le traiettorie diplomatiche si allontanano. Nella notte un pesante attacco di droni russi ha colpito un impianto industriale a Dnipro e il distretto di Nikopol, senza vittime. Kiev ha rivendicato un’operazione di contro-drone sulla grande raffineria russa di Ryazan, sostenendo danni a un’unità di raffinazione primaria. Da Mosca, la linea resta quella della deterrenza: Putin ha avvertito che eventuali truppe occidentali in Ucraina diventerebbero “bersagli”, e ha ribadito da Vladivostok che “per ora è praticamente impossibile” raggiungere un accordo con Kiev, pur dicendosi “pronto a contatti” con Volodymyr Zelensky.
Per Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, “la Nato considera la Russia un nemico: non possiamo permettere forze dell’Alleanza ai nostri confini”. Sul fronte opposto, ieri all’Eliseo la coalizione dei “Volenterosi” ha compiuto un passo politico: 26 Paesi si sono detti pronti a dispiegare, “a guerra ferma”, una forza di rassicurazione “a terra, in mare o in aria”. Emmanuel Macron ha parlato di “formalizzazione nelle prossime settimane”, senza dettagli per non offrire vantaggi a Mosca. Donald Trump, intervenuto in videocollegamento, ha assicurato che gli Stati Uniti “vorranno essere parte del lavoro di garanzia” e ha annunciato che “a breve” parlerà con Putin: “Abbiamo un buon dialogo”.
Italia, Germania e Polonia hanno escluso l’invio di truppe; Berlino deciderà “a tempo debito”. Tokyo si chiama fuori: il Giappone non entrerà nella coalizione né manderà militari. Dalla Russia civile arriva l’ennesimo monito: Oleg Orlov (Memorial, Nobel per la Pace 2022) invoca “pressioni concrete su Putin” per fermare una guerra che giudica esistenziale anche per l’Europa. La dimensione globale resta sullo sfondo: Pechino respinge come “pressioni illegittime” le richieste occidentali di frenare il sostegno a Mosca; il Cremlino, a sua volta, dipinge gli USA come “costruttivi” e accusa i Paesi europei di “voler prolungare la guerra”.
Cernobbio
Da Cernobbio, Zelensky ha accolto il segnale come “un passo importante”, chiedendo che le garanzie scattino subito, senza attendere il cessate il fuoco, e ha delineato la costruzione di una nuova architettura di sicurezza ucraina “a livello terrestre, marittimo e aereo”, fondata anche su sistemi di droni. “Il nostro esercito è grande, 800mila persone: è la principale garanzia di sicurezza per l’Ucraina e per l’Europa”, ha affermato. Ma ha anche ammonito: “Putin non vuole porre fine al conflitto. Serve pressione”.
19° pacchetto Ue
Sul versante europeo, la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha avuto un colloquio con il vicepresidente USA J.D. Vance per mantenere “un fronte unito sulle sanzioni”. Bruxelles lavora al 19° pacchetto e punta a rendere strutturale l’uscita dall’energia russa: “Neanche una molecola”, ha sintetizzato il commissario Dan Jorgensen.
Da Uzhhorod, il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa ha esortato Budapest a interrompere gli acquisti di gas e petrolio da Mosca e ha ribadito il sostegno all’adesione di Kiev all’Ue. Nel mosaico europeo, si registra la cautela di Berlino (“priorità: consentire agli ucraini di difendersi”) e l’attivismo diplomatico di Bratislava: ieri a Uzhhorod Robert Fico ha incontrato Zelensky. Toni distesi sulla cooperazione nonostante le divergenze energetiche. Zelensky ha offerto gas e petrolio “non russi” alla Slovacchia e ha rimarcato la necessità di un’Europa energeticamente indipendente.
Posizione dell’Italia
L’Italia consolida una postura di sostegno senza inviare truppe. Antonio Tajani, a Cernobbio e poi a Pescara, ha ricevuto il premio “Fare Pace” e ha invitato a “non arrendersi” pur ammettendo pessimismo su un’intesa entro Natale: “Putin vuole avanzare il più possibile prima di negoziare; l’unico modo per fermarlo è tagliare i flussi di denaro con sanzioni più dure”. Roma è disponibile a formare e addestrare truppe ucraine “fuori dall’Ucraina” e a partecipare a missioni di monitoraggio, ma esclude l’invio di soldati.