Una missione dell’esercito colombiano per distruggere un laboratorio clandestino di cocaina si è trasformata in una tragedia di inaudita violenza. Secondo quanto riferito dal comando della Quinta Brigata, alcuni militari sarebbero stati catturati da membri del gruppo armato “Conquistadores de la Sierra Nevada” e brutalmente aggrediti: cosparsi di benzina e dati alle fiamme, in quello che le autorità definiscono “un atto di barbarie contro lo Stato”. L’operazione, condotta nella vereda Caño Seco, nel dipartimento del Cesar, mirava a smantellare un centro di produzione di cloridrato di cocaina che generava profitti superiori a 3.400 milioni di pesos colombiani. Le truppe, in coordinamento con la Polizia Nazionale, avevano già sequestrato oltre 560 chili di cocaina e 170 chili di pasta base, oltre a migliaia di litri di sostanze chimiche. Ma durante la fase di bonifica, un’imboscata ha colpito il contingente. Fonti militari parlano di un attacco “premeditato e feroce”, in cui almeno tre soldati sono stati isolati, immobilizzati e sottoposti al rogo. Le vittime sono ricoverate in condizioni critiche presso l’ospedale militare di Bucaramanga, con ustioni di terzo grado su oltre il 60% del corpo. Il presidente Gustavo Petro ha condannato l’accaduto definendolo “un crimine contro l’umanità”, mentre il ministro della Difesa Iván Velásquez ha promesso una risposta “decisa e proporzionata”. Le forze armate hanno già avviato operazioni di rastrellamento nella zona, con l’obiettivo di catturare i responsabili. L’episodio riaccende il dibattito sulla brutalità dei gruppi armati che controllano il narcotraffico nelle regioni rurali del Paese. Mentre la Colombia tenta di rilanciare il dialogo di pace, la realtà sul terreno racconta una guerra che non conosce tregua né limiti.
