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Volenterosi, via alla “forza di rassicurazione”. Zelensky: “Mosca rifiuta ogni pace”

L’annuncio di Macron in conferenza stampa dopo il vertice della coalizione e una chiamata con Trump. Rutte: non si può essere “ingenui” sulla Russia
venerdì, 5 Settembre 2025
3 minuti di lettura

Ieri all’Eliseo si è riunita la Coalizione dei Volenterosi sull’Ucraina, presieduta da Emmanuel Macron con il premier britannico Keir Starmer collegato da remoto. In sala, tra gli altri, Volodymyr Zelensky, i vertici Ue e l’inviato di Donald Trump, Steve Witkoff; online i capi di governo di oltre 30 Paesi, inclusa Giorgia Meloni. Al centro dei lavori: garanzie di sicurezza, pressione economica su Mosca e architettura del cessate il fuoco. In conferenza stampa, Macron ha annunciato che 26 Paesi si sono “impegnati” a costituire una forza di rassicurazione da dispiegare “a terra, in mare o in aria” in caso di tregua, precisando che non avrà “né volontà né obiettivo” di condurre guerra contro la Russia. Il presidente francese ha aggiunto che il sostegno statunitense alle garanzie per Kiev sarà “finalizzato nei prossimi giorni” e che gli europei preparano nuove sanzioni se il Cremlino continuerà a respingere i negoziati. Zelensky, affianco a Macron, ha parlato di un “accordo sul quadro generale” delle garanzie e ha ribadito che “tutti concordano: Mosca rifiuta ogni iniziativa di pace”. Per Kyiv la prima garanzia resta “un esercito forte”: da qui l’appello all’industria europea della difesa ad aumentare produzione e capacità. Il capo dell’Ufficio presidenziale Andrii Yermak, a margine, ha elencato i capitoli in lavorazione con Witkoff e i consiglieri europei: garanzie in aria, mare, terra e cyberspazio; rafforzamento delle sanzioni; ritorno dei prigionieri di guerra e dei minori deportati. Sul piano politico, arriva un’ammissione dal cuore dell’Europa: “Ci sbagliavamo tutti su Putin”, ha detto il cancelliere tedesco Friedrich Merz, riconoscendo che i segnali c’erano “ben prima del 2022”, dalla Georgia alla Crimea. Un monito che si intreccia con la nuova architettura di sicurezza in definizione tra Parigi, Londra, Bruxelles e Washington: garanzie robuste, pressione economica e sostegno operativo a Kyiv, in attesa di capire se e quando si aprirà davvero uno spiraglio negoziale.

Italia: meccanismo difesa collettiva

Dal lato italiano, Palazzo Chigi ha rimarcato l’“indisponibilità” a inviare truppe in Ucraina, proponendo però un meccanismo di difesa collettiva ispirato all’articolo 5 della Nato come cornice politica delle garanzie, e l’eventuale contributo a monitoraggio e formazione “fuori dai confini ucraini”. Meloni ha poi preso parte a un successivo collegamento con Trump per condividere gli esiti del vertice e confermare l’obiettivo di “una pace giusta e duratura”.

Stretta Usa sul petrolio russo

Washington, per voce di un funzionario della Casa Bianca, ha fatto sapere che il presidente Trump ha premuto sugli europei per fermare gli acquisti di petrolio russo, citando introiti miliardari per Mosca, e per esercitare pressioni economiche sulla Cina. In un’intervista tv, Trump ha ribadito il proprio impegno per chiudere la guerra, definendo però le parti “non ancora pronte” a un’intesa, pur prevedendo che “qualcosa accadrà”.

Rutte: aumentare produzione armi

In Europa si consolida la linea della deterrenza. Il segretario generale della Nato Mark Rutte, da Praga, ha avvertito che non si può essere “ingenui” sulla Russia, invitando ad aumentare stabilmente investimenti e produzione militare di fronte a sfide “di lungo periodo” che includono anche Cina, Iran e Corea del Nord. Sulla stessa scia, il premier ceco Petr Fiala ha parlato della necessità di “aiuti intensivi” a Kyiv e di pressioni costanti su Mosca, mentre Starmer ha ammonito che “di Putin non ci si può fidare”, accogliendo con favore nuovi invii di missili a lungo raggio all’Ucraina. Più cauta Berlino: per il governo tedesco è “prematuro” parlare di ulteriore impegno militare finché non sarà chiaro il quadro complessivo — inclusa la portata del contributo Usa e l’esito del processo negoziale. Sul fronte interno europeo, rimane isolata la posizione di Budapest: il ministro degli Esteri Szijjarto ha definito la mobilitazione in Ucraina “una vergogna per l’Europa”, rilanciando accuse su presunte coscrizioni forzate.

Sicurezza nucleare

La sicurezza nucleare resta un nervo scoperto. A tre anni dalla prima missione Aiea a Zaporizhzhia, il direttore generale Rafael Grossi ha avvertito che il rischio di incidente radiologico “permane finché il conflitto continua”. Intanto la guerra non allenta: nel Donbas un ospedale a Kostyantynivka — chiuso proprio ieri per i raid quotidiani e la carenza di medici — è stato colpito da tre bombe, con due vittime; altre due sono state registrate a Illinivka. A nord, nella regione di Kharkiv, un attacco ha ucciso due persone e lasciato migliaia senza elettricità.

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