Con un voto unanime dell’Assemblea Legislativa di Transizione (ALT), il Burkina Faso ha approvato una legge che criminalizza gli atti omosessuali, segnando una drammatica inversione di rotta rispetto alla precedente neutralità giuridica del Paese in materia di orientamento sessuale. La norma, parte di una più ampia riforma del Codice della persona e della famiglia, prevede pene detentive da due a cinque anni e multe salate per chi venga riconosciuto colpevole di “pratiche omosessuali o analoghe”. Il ministro della Giustizia, Edasso Rodrigue Bayala, ha definito tali atti come “bizzarri” durante una diretta sulla televisione di Stato, annunciando anche l’espulsione automatica per gli stranieri coinvolti. La legge sarà accompagnata da una campagna di sensibilizzazione nazionale, secondo quanto dichiarato dalle autorità. La decisione arriva sotto la guida della giunta militare del capitano Ibrahim Traoré, salito al potere con un colpo di Stato nel 2022. Da allora, il Burkina Faso ha adottato una linea sovranista e anti-occidentale, avvicinandosi a partner come Russia e Iran. Il provvedimento si inserisce in un trend regionale preoccupante: Mali, Ghana e Uganda hanno recentemente introdotto leggi simili, alimentando una regressione dei diritti LGBTQ+ in gran parte dell’Africa. Secondo i dati di Afrobarometer, solo l’8% dei cittadini burkinabé accetterebbe di avere un vicino omosessuale, segno di un clima sociale ostile che ha probabilmente favorito l’approvazione della legge. Organizzazioni internazionali per i diritti umani, tra cui Outright International e ILGA World, hanno condannato il provvedimento, definendolo “una minaccia alla dignità e alla libertà individuale”. Il Burkina Faso, un tempo tra i pochi Paesi africani dove l’omosessualità non era perseguita, si allinea ora a una deriva repressiva che rischia di isolare ulteriormente il Paese sul piano internazionale.
