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immagine tratta da: Ukrainian Istitute

Hryhorij Skovoroda, il Diogene ucraino e il suo cammino verso l’eternità

Il filosofo errante e il messaggio di un’esistenza libera
lunedì, 1 Settembre 2025
2 minuti di lettura

Ogni giorno si parla di Ucraina, ma poco si dice della sua grande cultura e dei personaggi che l’hanno costruita. Figura eccentrica, inquieta e geniale, Hryhorij Savyč Skovoroda (1722–1794) incarna l’archetipo del “filosofo errante”, un uomo che ha scelto il cammino piuttosto che la cattedra, la coerenza piuttosto che il compromesso. Nato nel villaggio cosacco di Čornuchy, nell’odierna Ucraina centrale, Skovoroda visse in un’epoca di profonde trasformazioni sociali e culturali: la fine dell’autonomia dell’Etmanato cosacco e l’espansione dell’Impero russo segnarono lo sfondo politico della sua vita.

Eppure, la sua filosofia si tenne sempre a distanza dai poteri costituiti, tanto spirituali quanto secolari. Educato presso l’Accademia di Kyiv-Mohyla, non completò mai gli studi accademici, ma assimilò una cultura vasta e profondamente sincretica. Il suo pensiero fondeva il cristianesimo ortodosso con il neoplatonismo, l’etica stoica e una forte componente pedagogica. Il cuore della sua filosofia può essere riassunto nel concetto di “autoconoscenza come via alla felicità“.

Solo conoscendo sé stessi e accettando il proprio “lavoro interiore” – ossia la propria vocazione – l’uomo può avvicinarsi a Dio e vivere in armonia col mondo. Rifiutò onori, carriera e stabilità per vivere in povertà volontaria, predicando un’etica pratica e spirituale attraverso dialoghi, parabole, poesie e trattati. Per vent’anni camminò per l’Ucraina, ospite di contadini e nobili, lasciando ovunque tracce della sua saggezza. Alla morte, chiese che sulla sua tomba fosse inciso: «Il mondo mi ha inseguito, ma non mi ha raggiunto». È il sigillo di una vita radicalmente alternativa, consacrata alla libertà.

Riscoperte, deformazioni e rinascite: l’eredità critica di Skovoroda
Dimenticato per quasi un secolo dopo la sua morte, Skovoroda è stato riscoperto in fasi alterne e contraddittorie. Le sue opere – circolanti a lungo solo in forma manoscritta – iniziarono ad apparire in stampa tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, spesso in modo frammentario e talvolta censurato. Fu solo nel 1894 che vide la luce la prima edizione integrale dei suoi scritti, a cura di D.I. Bahalij.

Nel frattempo, l’immagine di Skovoroda venne progressivamente piegata a esigenze ideologiche: il filosofo ucraino fu trasformato ora in un “Socrate russo”, ora in un santo laico del pensiero slavo. Tra i primi a rivendicarne il carattere popolare e autoctono fu A. Chiždeu, che ne fece un simbolo della saggezza rurale contrapposta alla razionalità occidentale. Questa tensione tra universalismo e nazionalismo segna ancora oggi il dibattito critico sul suo pensiero.

Con la fine dell’Unione Sovietica e la riscoperta dell’identità culturale ucraina, Skovoroda è tornato a essere un punto di riferimento centrale.

Oggi campeggia sulla banconota da 500 grivnia e dà il nome a università e istituti di filosofia. Ma al di là delle celebrazioni ufficiali, la sua eredità sfida ancora studiosi e lettori: comprendere Skovoroda significa interrogare il rapporto tra libertà e verità, tra spiritualità e ragione, tra individuo e società. Ed è proprio in questa tensione che il suo pensiero resta straordinariamente attuale.

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