Quasi la metà delle scuole italiane poggia su fondamenta vecchie di oltre sessant’anni e, ad oggi, non esiste un quadro chiaro su quante di esse rispettino i criteri antisismici. Lo denuncia Federcontribuenti, citando uno studio del Comitato Tecnico Scientifico in collaborazione con Claudio Del Medico Fasano, Presidente della Ecowall Europe di Udine ed esperto di costruzioni antisismiche in bioedilizia. Secondo i dati, il 40,56% degli edifici scolastici italiani è stato costruito più di sei decenni fa. L’ultimo intervento di rilievo da parte dello Stato risale a dieci anni fa, con uno stanziamento di 145 milioni di euro destinato agli enti locali per verifiche di vulnerabilità e progettazione di adeguamenti. Una cifra giudicata “un’inezia” dagli esperti, considerata l’estensione del problema.
“In Italia – spiega Fasano – sono circa 60mila le scuole, la maggior parte asili e materne, che necessitano di ristrutturazioni profonde e di adeguamenti agli standard europei, utilizzando materiali non inquinanti. Sarebbe più lungimirante investire i fondi del Pnrr nella costruzione di nuovi plessi totalmente ecologici, con un ruolo diretto degli enti locali”.
Un’urgenza strategica
Il tema non è solo strutturale, ma anche ambientale e sanitario. Il 10% dell’inquinamento negli edifici statici proviene dal gas radon, sostanza cancerogena che colpisce soprattutto chi vive o lavora stabilmente al chiuso. “Nel Nord Italia quasi due scuole su dieci sono state chiuse per la presenza di radon e altri inquinanti – sottolinea Fasano – mentre nel Centro, compresa l’area di Roma e dei Castelli Romani, la contaminazione da materiali obsoleti e gas radon ha già portato a chiusure parziali o totali di istituti”. Federcontribuenti richiama il Protocollo di Kyoto, che già sottolineava la centralità della salute degli studenti. Cemento e derivati, materiali usati per decenni, sono ormai considerati superati in molti Paesi europei e nordamericani. La richiesta è chiara: puntare su scuole costruite con criteri antisismici, ecologici e salubri, che contribuiscano anche alla riduzione dell’inquinamento atmosferico nei centri urbani.
Alla luce di questi dati, emerge con forza una riflessione: le scuole non possono essere solo luoghi di formazione, ma presìdi di sicurezza e coesione sociale. In un Paese ad alto rischio sismico, dovrebbero rappresentare i primi punti di protezione civile in caso di emergenze, garantendo spazi sicuri e resilienti per studenti e comunità.